
Gazzetta Ufficiale 3 gennaio 2003, n.2
Accordo (naz.) 12 dicembre 2002 (Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato le Regioni e le Provincie Autonome di Trento e Bolzano)
Linee guida per la tutela della qualità delle acque destinate al consumo umano e criteri generali per l'individuazione delle aree di salvaguardia delle risorse idriche di cui all'art. 21 del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152.
SOMMARIO
TESTO
LA CONFERENZA PERMANENTE PER I RAPPORTI TRA LO STATO LE REGIONI E LE 
			PROVINCE AUTONOME DI TRENTO E BOLZANO
			Visto il decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, che all'art. 4, 
			da' facolta' a Governo, regioni e province autonome di Trento e 
			Bolzano, in attuazione del principio di leale collaborazione, di 
			concludere accordi in questa Conferenza, al fine di coordinare 
			l'esercizio delle rispettive competenze e svolgere attivita' di 
			interesse comune;
			Visto il decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152, e successive 
			modificazioni ed integrazioni;
			Visti in particolare l'art. 3, comma 7 e l'art. 21 del decreto 
			legislativo 11 maggio 1999, n. 152, che disciplina le aree di 
			salvaguardia delle acque superficiali e sotterranee destinate al 
			consumo umano;
			Considerato che la delimitazione definitiva delle aree di 
			salvaguardia rappresenta una delle misure che consente la tutela dei 
			corpi idrici attraverso azioni volte prioritariamente alla 
			prevenzione, alla riduzione dell'inquinamento e al perseguimento 
			degli usi sostenibili e durevoli delle risorse idriche, con 
			priorita' per quelle potabili, secondo le finalita' del decreto 
			legislativo 11 maggio 1999, n. 152;
			Ritenuto necessario emanare linee guida cui potersi uniformare per 
			conseguire gli obiettivi di tutela dello stato di qualita' delle 
			risorse idriche, in particolare delle acque superficiali e 
			sotterranee destinate al consumo umano erogate a terzi mediante 
			impianto di acquedotto di pubblico interesse, per mezzo di criteri e 
			modalita' di riferimento a supporto dell'attivita' necessaria alla 
			delimitazione delle aree di salvaguardia;
			Sancisce accordo ai sensi dell'art. 4 del decreto legislativo 28 
			agosto 1997, n. 281, tra il Governo e le Regioni e le Province 
			autonome sulle linee guida per la tutela della qualita' dell acque 
			destinate al consumo umano e sui criteri generali per 
			l'individuazione delle aree di salvaguardia delle risorse idriche di 
			cui all'art. 21 del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152, nei 
			seguenti termini:
Art. 1. - Campo di applicazione e finalità. 
 
			1. Il presente accordo reca, ai fini della tutela delle risorse 
			idriche, le linee guida necessarie per la delimitazione definitiva 
			delle aree di salvaguardia di cui all'art. 21 del decreto 
			legislativo 11 maggio 1999, n. 152, e successive modifiche e 
			integrazioni, sulla base dei criteri contenuti negli allegati I, II, 
			III, IV e V, i quali costituiscono parte integrante del presente 
			accordo.
			2. In assenza della delimitazione definitiva della zona di rispetto 
			da parte delle Regioni resta comunque ferma l'estensione stabilita 
			ai sensi dell'art. 21, comma 7, del decreto legislativo n. 152 del 
			1999, pari a 200 metri di raggio rispetto al punto di captazione o 
			di derivazione.
			3. Il presente accordo non si applica alle captazioni gia' esistenti 
			all'entrata in vigore dello stesso destinate, su disposizione della 
			competente Autorita' d'ambito, ad essere abbandonate nei cinque anni 
			successivi.
			4. Il presente accordo viene pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 
			della Repubblica italiana.
ALLEGATO 1 - DEFINIZIONI 
			Ai fini del presente accordo si applicano le seguenti definizioni
			a. Acquifero: corpo permeabile in grado di immagazzinare e 
			trasmettere un quantitativo idrico tale da rappresentare una risorsa 
			d'importanza socio-economica ed ambientale.
			b. Acquifero non protetto: acquifero che non presenta le 
			caratteristiche di protezione delle acque sotterranee descritte alla 
			lettera c.
			c. Acquifero protetto: è un acquifero separato dalla 
			superficie del suolo o da una falda libera o da una falda 
			sovrastante mediante un corpo geologico con caratteristiche di 
			conducibilità idraulica, continuità laterale e spessore tali da 
			impedire il passaggio dell'acqua per tempi dell'ordine dei 40 anni. 
			La continuità areale del corpo geologico deve essere accertata per 
			una congrua estensione, tenuto conto dell'assetto idrogeologico 
			secondo gli elementi contenuti nell'allegato 2. Un acquifero 
			s'intende protetto quando i risultati delle indagini nel sottosuolo 
			e le prove idrogeologiche e idrochimiche eseguite verificano appieno 
			almeno una delle condizioni di cui sopra. Un acquifero protetto può 
			essere localizzato anche al di sotto di un acquifero vulnerabile ai 
			nitrati di origine agricola e ai prodotti fitosanitari, ai sensi 
			degli articoli 19 e 20 del decreto legislativo n° 152/99, qualora 
			siano rispettate le condizioni precedentemente illustrate.
			d. Area di ricarica: la superficie dalla quale proviene 
			alimentazione al corpo idrico sotterraneo considerato; è costituita 
			dall'area nella quale avviene l'infiltrazione diretta alle acque 
			sotterranee delle acque meteoriche o dall'area di contatto con i 
			corpi idrici superficiali (laghi, corsi d'acqua naturali o 
			artificiali) dai quali le acque sotterranee traggono alimentazione.
			e. Centri di pericolo: tutte le attività, insediamenti, 
			manufatti in grado di costituire, direttamente o indirettamente, 
			fattori certi o potenziali di degrado quali-quantitativo delle 
			acque.
			f. Emergenze naturali ed artificiali della falda: siti in cui 
			la morfologia dell'area, anche se modificata da interventi 
			antropici, determina l'affioramento in superficie delle acque 
			sotterranee, dovuto alla loro naturale circolazione nel sottosuolo.
			g. Falda: le acque che si trovano al di sotto della 
			superficie del terreno, nella zone di saturazione e in diretto 
			contatto con il suolo e sottosuolo, circolanti nell'acquifero e 
			caratterizzate da movimento e presenza continua e permanente. Essa 
			può essere distinta, secondo le condizioni idrauliche ed al contorno 
			in libera, confinata, semiconfinata/semilibera:
			- libera: falda limitata solo inferiormente da terreni impermeabili 
			e che può ricevere apporti laterali e dalla superficie;
			- confinata: falda limitata inferiormente e superiormente da livelli 
			impermeabili (acquicludi), con acqua in pressione, che può ricevere 
			alimentazione solo lateralmente e, nel caso si abbia una risalienza 
			dei livelli al di sopra del piano campagna, si ha una falda 
			artesiana;
			- semiconfinata: falda limitata da livelli semipermeabili 
			(acquitardi) che permettono un debole passaggio da una falda 
			all'altra e, a seconda dell'oggetto dell'indagine, si distinguono 
			una falda semiconfinata o semilibera;
			Non costituiscono una falda i livelli discontinui e/o di modesta 
			estensione presenti all'interno e al di sopra di una litozona a 
			bassa conducibilità idraulica.
			h. Isocrona: linea che congiunge i punti d'uguale tempo 
			d'arrivo delle particelle d'acqua ad un'opera di captazione con un 
			percorso attraverso il mezzo saturo.
			i. Opera di captazione: opera o complesso d'opere, realizzate 
			in corrispondenza della sorgente (captazione alla sorgente), o nel 
			corpo dell'acquifero alimentatore (captazione in acquifero) o 
			realizzate ai punti di presa d'acque superficiali (derivazione), 
			atte a sfruttare la risorsa idrica. Tale opera deve essere 
			progettata e realizzata in modo tale da non pregiudicare lo stato 
			quali-quantitativo della risorsa e deve essere dotata d'idonee 
			strutture e strumentazioni per la misura dei parametri 
			quali-quantitativi.
			l. Pozzo: struttura realizzata mediante una perforazione, 
			generalmente completata con rivestimento, filtri, dreno e 
			cementazione e sviluppata al fine di consentire l'estrazione d'acqua 
			dal sottosuolo.
			m. Piezometro: pozzo generalmente di diametro ridotto che 
			filtra solo un tratto d'acquifero significativo ai fini della misura 
			del livello piezometrico della falda in esame.
			n. Pozzo di monitoraggio: pozzo che consente il prelievo di 
			campioni d'acqua rappresentativi della falda interessata dai filtri. 
			Per particolari configurazioni del flusso idrico sotterraneo, pozzo 
			di monitoraggio e piezometro possono coincidere.
			o. Protezione dinamica: è costituita dall'attivazione e 
			gestione di un preordinato sistema di monitoraggio delle acque in 
			afflusso alle captazioni in grado di verificarne periodicamente i 
			fondamentali parametri quantitativi e qualitativi e di consentire 
			con sufficiente tempo di sicurezza la segnalazione d'eventuali loro 
			variazioni significative.
			p. Protezione statica: è costituita dai divieti, vincoli e 
			regolamentazioni che si applicano alle zone di tutela assoluta, di 
			rispetto e di protezione finalizzati alla prevenzione del degrado 
			quali-quantitativo delle acque in afflusso alle captazioni. A tal 
			scopo possono essere eventualmente realizzate opportune opere, anche 
			ad integrazione di quelle di captazione, in grado di minimizzare o 
			eliminare i problemi di incompatibilità tra uso del territorio e 
			qualità delle risorse idriche captate.
			q. Serbatoio artificiale: è un accumulo d'acqua, realizzato 
			artificialmente, costituito da un'opera di sbarramento, dal bacino 
			di ritenuta comprensivo delle rive e dal volume idrico invasato.
			r. Soggiacenza: in una falda libera è rappresentata dalla 
			profondità del livello della falda misurata in un pozzo o piezometro 
			rispetto alla superficie del suolo; nella falda confinata la 
			soggiacenza s'intende la profondità del tetto dell'acquifero.
			s. sorgente: punto o area più o meno ristretta, in 
			corrispondenza della quale si determina la venuta a giorno d'acque 
			sotterranee.
			t. Tempo di sicurezza: intervallo temporale rappresentato dal 
			periodo necessario perché una particella d'acqua durante il suo 
			flusso idrico sotterraneo (naturale o indotto dal pompaggio) nel 
			mezzo saturo, raggiunga il punto di captazione spostandosi lungo la 
			superficie della falda. Il valore numerico da attribuire a tale 
			intervallo temporale deve tenere conto anche del tempo necessario 
			per implementare misure d'approvvigionamento idrico alternativo o 
			sistemi di disinquinamento delle acque sotterranee. Il tempo di 
			sicurezza è utilizzato per la delimitazione delle zone di rispetto 
			mediante la cartografia d'isocrone.
			u. Vulnerabilità dell'acquifero: suscettività di un acquifero 
			ad ingerire e permettere la migrazione di una o più sostanze 
			inquinanti che producono un impatto sulle caratteristiche 
			qualitative delle acque sotterranee, limitandone in tal modo anche 
			la disponibilità quantitativa. Tale vulnerabilità viene definita 
			anche vulnerabilità intrinseca. La vulnerabilità specifica 
			dell'acquifero è invece considerata verso determinati contaminanti, 
			come ad esempio nel caso di nitrati di origine agricola e prodotti 
			fitosanitari previsti dagli articoli 19 e 20 del decreto legislativo 
			n° 152.
			v. Zona di riserva: zona interessata da risorse idriche 
			pregiate, che può essere delimitata e gestita per preservare nel 
			tempo la quantità e qualità delle acque, anche ai fini della 
			possibilità di un loro futuro utilizzo, con particolare riferimento 
			a quelle dotate di caratteristiche di potabilita'.
ALLEGATO 2 - DELIMITAZIONE DELLE AREE DI SALVAGUARDIA  
TITOLO I: CRITERI GENERALI 
			1. Le aree di salvaguardia di sorgenti, pozzi e punti di presa delle 
			acque superficiali sono suddivise, ai sensi dell'articolo 21, comma 
			1, del decreto legislativo n° 152/99, in zona di tutela assoluta, 
			zona di rispetto e zona di protezione.
			2. I criteri per la delimitazione delle aree di salvaguardia e 
			l'estensione delle diverse zone sono stabiliti in funzione delle 
			caratteristiche geologiche, idrogeologiche, idrologiche e 
			idrochimiche delle sorgenti, dei pozzi e dei punti di presa da acque 
			superficiali.
			3. Le singole zone sono individuate secondo i seguenti criteri:
a) criterio geometrico: di norma adottato per la delimitazione della zona 
			di tutela assoluta e della zona di rispetto per le derivazioni da 
			corpi idrici superficiali e, in via provvisoria, per la 
			delimitazione delle zone di rispetto dei pozzi e delle sorgenti;
b) criterio temporale: basato sul tempo di sicurezza, così come definito 
			alla lettera t) dell'allegato 1. Si applica, in prevalenza, per la 
			delimitazione definitiva della zona di rispetto di pozzi ed 
			eventualmente di sorgenti, laddove applicabile. Tale criterio deve 
			tenere conto degli elementi tecnici riportati nel Titolo II del 
			presente allegato;
c) criterio idrogeologico: basato sugli elementi idrogeologici specifici 
			dell'acquifero e dei suoi limiti, viene usualmente applicato alle 
			zone di protezione alle captazioni da sorgenti ed alle zone di 
			rispetto dei pozzi in condizioni idrogeologiche di particolari 
			complessità che impediscono l'utilizzo del criterio temporale; fa 
			parte del presente criterio anche il metodo basato sul tempo di 
			dimezzamento della portata massima annuale delle sorgenti.
			4. Le delimitazioni effettuate utilizzando i criteri di cui alle 
			lettere b) e c) devono basarsi su studi geologici, idrogeologici, 
			idrologici, idrochimici e microbiologici, e sui dati storici delle 
			caratteristiche quali-quantitative della risorsa interessata; detti 
			studi sono finalizzati ad identificare e definire i limiti delle 
			aree interessate dalla captazione e devono essere redatti sulla base 
			dei contenuti degli allegati al presente regolamento.
			5. La durata dell'applicazione del criterio di individuazione di cui 
			alla lettera a) può essere prevista dalle Regioni per le sorgenti di 
			limitata importanza sulla base di studi preliminari che individuino 
			una scarsa urbanizzazione del bacino afferente alla captazione ed in 
			attesa di ulteriori conoscenze sulla circolazione idrica 
			sotterranea.
			6. La gestione delle aree di salvaguardia, così come prevista anche 
			dagli articoli 13 e 24 della legge 5 gennaio 1994, n. 36, deve 
			prevedere interventi di manutenzione e riassetto e tenere conto dei 
			monitoraggio effettuato in conformità alle disposizioni del decreto 
			legislativo n° 152/99.
			7. Tra i criteri da considerare per l'eventuale revisione delle aree 
			di salvaguardia, previa verifica da effettuare ogni 10 anni o in 
			tempo minore se le condizioni lo richiedono, si indicano:
			a) l'insorgere di fattori nuovi o cause che determinano variazioni 
			rispetto alle condizioni che hanno consentito la delimitazione in 
			atto, con particolare riferimento a variazioni quali-quantitative 
			delle risorse idriche estratte, derivate, o a cambiamenti 
			nell'assetto piezometrico determinati dall'insorgere di cause 
			naturali o antropiche, o in presenza di più recenti acquisizioni 
			tecniche e scientifiche;
			b) la destinazione assegnata dai Piani Regolatori Generali (P.R.G.) 
			e dai Piani Territoriali di Coordinamento Provinciale (P.T.C.P.) ai 
			territori interessati o interessabili dalle nuove aree di 
			salvaguardia e l'eventuale presenza, su dette aree, di centri di 
			pericolo.
			La delimitazione delle aree di salvaguardia resta in vigore anche 
			nel caso in cui le captazioni siano temporaneamente disattivate.
			8. Nel caso in cui le aree di salvaguardia delle captazioni 
			esistenti comprendano potenziali centri di pericolo per la qualità 
			delle acque, è opportuno valutare tutte le opportunità per la 
			gestione delle captazioni, compreso l'abbandono delle medesime; 
			qualora ciò non sia possibile si possono adottare oltre alle misure 
			di cui al successivo Titolo II, punto 3, anche ulteriori misure 
			complementari quali: 
			a) l'intensificazione del monitoraggio quali-quantitativo; 
			b) l'interconnessione, ove possibile, della rete di distribuzione 
			con altre fonti o reti di approvvigionamento;
			c) il piano di intervento in caso di emergenza di cui al successivo 
			Titolo II, punto 5;
			d) la ristrutturazione delle opere di captazione.
TITOLO II: ELEMENTI TECNICI 
			1. La protezione statica, così come definita alla lettera p 
			dell'allegato 1, tende a prevenire ed eliminare gli elementi di 
			pericolo derivanti da: 
			a) utilizzazioni specifiche, insediamenti ed attività in atto o 
			previste;
			b) interventi e loro dotazioni collaterali, indipendentemente dalle 
			finalità specifiche;
			c) infrastrutture, canalizzazioni, opere di urbanizzazione, opere 
			idrauliche, opere d'uso e trasformazione del suolo e del sottosuolo;
			d) destinazioni d'uso del suolo.
			2. Per una tutela più efficace, la protezione statica, così come 
			definita alla lettera p dell'allegato 1, ove ritenuto opportuno a 
			giudizio della regione e tenuto conto della situazione locale di 
			protezione e di pericolo di contaminazione della risorsa, nonché del 
			relativo aspetto tecnico-economico, è integrata dalla protezione 
			dinamica. In particolare, per le captazioni di modesta entità si 
			applica, di norma, la sola protezione statica, mentre, per le 
			captazioni di rilevante entità o interesse, la protezione statica è 
			associata alla protezione dinamica. Il monitoraggio previsto per la 
			protezione dinamica delle captazioni dovrà essere integrato 
			nell'ambito di quello necessario alla classificazione delle acque 
			previsto nell'allegato 1 del decreto legislativo n° 152/99.
			3. Per le captazioni in acquiferi non protetti preesistenti 
			all'entrata in vigore dei presente regolamento con presenza di 
			centri di pericolo nelle zone di rispetto, devono essere attuate le 
			prescrizioni impartite dalla regione per gli interventi necessari 
			per la messa in sicurezza dei centri di pericolo individuati dalle 
			regioni medesime. Il Gestore del servizio idrico integrato, così 
			come definito all'articolo 2, lettera o-bis), del decreto 
			legislativo n° 152/99, dovrà intensificare l'attività di controllo e 
			monitoraggio ai fini della tutela quali-quantitativa della risorsa e 
			della disponibilità delle acque destinate al consumo umano.
			4. In relazione al peculiare grado di protezione e pericolo di 
			contaminazione delle risorse idriche potranno essere previsti 
			sistemi di allarme in tempo reale, che segnalino variazioni 
			significative delle caratteristiche fisico chimiche delle acque 
			affluenti alle opere di presa.
			5. Nella definizione degli interventi di protezione statica e 
			dinamica sono previsti un piano di approvvigionamento idrico 
			alternativo e le misure da adottarsi in caso di emergenza idrica.
			6. Per le sorgenti ed i pozzi, la delimitazione delle aree di 
			salvaguardia è basata sugli elementi geologici, idrogeologici, 
			idrologici, idrochimici e microbiologici, e in particolare sui 
			seguenti elementi:
			a) la struttura geologica e idrogeologica dell'acquifero e la sua 
			estensione; 
			b) l'ubicazione delle aree di alimentazione;
			c) le interazioni dei corpi idrici superficiali con le falde e degli 
			acquiferi superficiali con quelli più profondi;
			d) la circolazione delle acque nel sottosuolo, anche mediante prove 
			sperimentali; 
			e) le caratteristiche qualitative delle acque sotterranee e delle 
			eventuali acque superficiali in rapporto di comunicazione, in 
			particolare con l'esame di parametri chimico-fisici, chimici e 
			microbiologici, non tanto in relazione all'utilizzo potabile delle 
			acque, ma come elementi di valutazione delle condizioni di 
			circolazione idrica nel sottosuolo, anche con evidenziazione di 
			eventuali arricchimenti naturali connessi con la presenza di rocce e 
			giacimenti minerari e lo svolgimento di processi idrotermali o di 
			circolazione di fluidi di origine profonda;
			f) gli effetti indotti sulle acque sotterranee e sui naturali 
			equilibri idrogeologici dalle captazioni;
			g) la compatibilità delle portate estratte dal sottosuolo con la 
			disponibilità e la qualità delle risorse idriche in accordo con i 
			criteri di cui all'allegato 1, punto 4, del decreto legislativo n° 
			152/99;
			h) l'ubicazione dei potenziali centri di pericolo così come definiti 
			all'allegato 1, lettera e del presente regolamento, ovvero quelli di 
			cui all'articolo 21, commi 5 e 6, del decreto legislativo n° 152/99;
			i) gli aspetti pedo-agronomici con particolare riferimento alla 
			capacità protettiva del suolo, finalizzata alla valutazione della 
			vulnerabilità dell'acquifero all'inquinamento da nitrati di origine 
			agricola e da prodotti fitosanitari.
			7. Per le acque superficiali gli studi sono volti alla definizione, 
			all'interno del bacino idrografico di pertinenza e con maggiore 
			dettaglio nelle immediate vicinanze dell'opera di presa, dei 
			seguenti elementi, che sono altresì finalizzati alla valutazione 
			degli effetti della disponibilità della risorsa alla captazione. 
			In particolare si considerano i seguenti elementi:
			a) le caratteristiche geomorfologiche;
			b) la morfometria del corpo idrico e le portate alle sezioni 
			significative; 
			c) la struttura geologica ed idrogeologica;
			d) le caratteristiche pedo-agronomiche;
			e) la climatologia e l'idrologia;
			f) i processi geomorfici con particolare riguardo all'erosione ed al 
			trasporto solido;
			g) le caratteristiche qualitative delle acque (parametri 
			chimico-fisici, chimici e microbiologici e biologici, connessi a 
			processi naturali o antropici); 
			h) le derivazioni e gli apporti idrici;
			i) l'ubicazione dei potenziali centri di pericolo così come definiti 
			all'allegato I, lettera e;
			j) i vincoli naturalistici e paesaggistici;
			k) le sistemazioni idraulico-forestali.
			8. Nel caso di captazione di acque superficiali in bacini 
			idrografici in cui vi sia un significativo afflusso di acque 
			sotterranee il cui bacino di alimentazione si estenda, sia pure in 
			parte, anche al di fuori del bacino idrografico stesso, è opportuno 
			considerare anche i dati relativi al suddetto bacino di 
			alimentazione delle acque sotterranee.
ALLEGATO 3 - CRITERI PER LA DELIMITAZIONE DELLE AREE DI 
			SALVAGUARDIA DEI POZZI 
TITOLO I: CRITERI PER LA DELIMITAZIONE DELLE AREE DI 
			.SALVAGUARDIA 
A. Delimitazione della zona di tutela assoluta
			1. La zona di tutela assoluta, ai sensi dell'articolo 21, comma 4, 
			del decreto legislativo n° 152/99, deve avere una estensione di 
			almeno 10 m di raggio dal punto di captazione in caso di acque 
			sotterranee.
			2. La zona di tutela assoluta deve essere, ove possibile, 
			opportunamente recintata e deve essere protetta dalle esondazioni 
			dei corpi idrici limitrofi e provvista di canalizzazioni per il 
			deflusso delle acque meteoriche.
B. Delimitazione della zona di rispetto
			1 . Per la delimitazione della zona di rispetto definitiva ed in 
			particolare modo per quanto riguarda la zona di rispetto ristretta 
			ed allargata vengono di norma utilizzati il criterio temporale e il 
			criterio idrogeologico, in relazione alle conoscenze sull'assetto 
			idrogeologico locale.
			2. Per la delimitazione della zona di rispetto ristretta di cui 
			all'articolo 21, comma 5, del decreto legislativo n° 152/99, è di 
			norma adottato un tempo di sicurezza di 60 giorni definito con i 
			criteri di cui al successivo Titolo II.
			3. Per la zona di rispetto allargata è di norma adottato un tempo di 
			sicurezza di 180 o di 365 giorni, considerando il pericolo di 
			contaminazione e la protezione della risorsa.
			4. A scopo cautelativo ciascun inquinante viene sempre considerato 
			conservativo, cioè non soggetto a degradazione, adsorbimento, 
			decadimento, etc.; per le elaborazioni deve essere adottata la 
			velocità di filtrazione dell'acqua nel mezzo saturo.
			5. Nel caso di acquifero protetto, l'estensione della zona di 
			rispetto ristretta può coincidere con la zona di tutela assoluta. In 
			tal caso, deve essere garantito il grado di protezione 
			dell'acquifero, vietando, nelle relative zone di rispetto, le 
			attività che possono compromettere la naturale condizione di 
			protezione.
			6. In sistemi fessurati o carsificati possono essere individuate 
			anche una o più zone di rispetto non direttamente collegate 
			all'opera di captazione (zone di rispetto aggiuntive) in 
			corrispondenza delle quali siano stati verificati fenomeni di 
			infiltrazione con collegamenti rapidi alle risorse idriche captate 
			nel punto d'acqua (pozzo o sorgente).
			7. All'interno delle zone di rispetto, ai fini della disciplina 
			delle strutture o delle attività di cui all'articolo 21, commi 5 e 
			6, del decreto legislativo n° 152/99, per favorire la tutela della 
			risorsa, devono essere considerati, oltre le prescrizioni di cui al 
			medesimo articolo, anche i seguenti elementi:
			a) per quanto riguarda l'edilizia residenziale e le relative opere 
			di urbanizzazione: 
			I. la tenuta e la messa in sicurezza dei sistemi di collettamento 
			delle acque nere, miste e bianche;
			II. la tipologia delle fondazioni, in relazione al pericolo di 
			inquinamento delle acque sotterranee;
			b) per quanto riguarda le opere viarie, ferroviarie ed in genere le 
			infrastrutture di servizio:
			I. le modalità di realizzazione delle reti di drenaggio 
			superficiale;
			II. le modalità di controllo della vegetazione infestante;
			III. le modalità di stoccaggio ed utilizzazione di fondenti stradali 
			in caso di neve e ghiaccio;
			IV. le modalità di realizzazione delle sedi stradali, ferroviarie e 
			delle strutture ed opere annesse;
			V. le captazioni di acque affluenti ad opere in sotterraneo, per 
			quanto attiene alla loro eventuale utilizzazione a scopo potabile;
			e) per quanto riguarda le pratiche agronomiche e i contenuti dei 
			piani di utilizzazione:
			I. la capacità protettiva dei suoli in relazione alle loro 
			caratteristiche chimico-fisiche;
			II. le colture compatibili;
			III. le tecniche agronomiche;
			IV. la vulnerabilità dell'acquifero ai nitrati di origine agricola e 
			ai prodotti fitosanitari di cui agli articoli 19 e 20 e all'allegato 
			7 del decreto legislativo n° 152/99;
			V. le aree dove è già presente una contaminazione delle acque.
			8. Ai fini dell'applicazione del punto 7 è opportuno definire i 
			criteri di compatibilità dell'eventuale presenza di pozzi per acqua 
			attivi o dismessi, diversi da quelli indicati nell'articolo 21, 
			comma 1, del decreto legislativo n° 152/99.
C. Delimitazione della zona di protezione
1. La zona di protezione è delimitata sulla base di studi idrogeologici, 
			idrochimici ed idrologici e tenendo conto anche della vulnerabilità 
			degli acquiferi all'inquinamento così come indicato dagli articoli 
			19 e 20 e dall'allegato 7 del decreto legislativo n° 152/99. 
			Tale zona non è individuata in relazione ad una singola captazione, 
			ma la sua delimitazione e le prescrizioni, necessarie per la tutela 
			del patrimonio idrico con particolare riferimento alle aree di 
			ricarica della falda, alle emergenze naturali ed artificiali della 
			falda e alle zone fili riserva, sono indicate nell'ambito del Piano 
			di tutela delle acque di cui all'articolo 44 del decreto legislativo 
			n° 152/99.
			2. Ai fini dell'individuazione e disciplina delle aree di ricarica 
			delle falde e delle emergenze naturali ed artificiali delle stesse 
			si tiene conto:
			• l'estensione e la localizzazione,
			• le caratteristiche idrogeologiche, idrochimiche e pedologiche;
			• l'importanza dell'acquifero alimentato e il suo grado di 
			sfruttamento; 
			• l'uso reale del suolo e le destinazioni d'uso;
			• il ciclo integrale dell'acqua
			3. Per quanto riguarda le zone di riserva, in considerazione della 
			notevole rilevanza che assumono ai fini degli approvvigionamenti 
			idrici da destinarsi al consumo umano e delle elevate 
			caratteristiche quali-quantitative, sono individuate sulla base 
			delle indicazioni emergenti dagli strumenti di pianificazione di 
			settore o territoriale, regionale o locale, ed anche alle 
			disposizioni di cui al d.p.c.m. 4 marzo 1996, n. 47. Devono, 
			inoltre, essere eseguiti degli studi idrogeologici, idrologici, 
			idrochimici, microbiologici e pedologici attraverso i quali sarà 
			possibile individuare l'estensione e la configurazione di dette zone 
			in relazione alle previsioni del grado di sfruttamento, nonché in 
			relazione alla situazione di protezione e pericolo di inquinamento 
			della risorsa. Al fine di preservare nel tempo le caratteristiche 
			quali-quantitative delle risorse idriche presenti nelle zone di 
			riserva possono essere adottate misure relative alla destinazione 
			del territorio interessato, limitazioni per gli insediamenti civili, 
			produttivi, turistici, agroforestali e zootecnici, in modo simile a 
			quanto previsto per le altre aree di salvaguardia. Le limitazioni 
			hanno di norma una durata minima di 10 anni, che può essere ridotta 
			in rapporto alle previsioni degli strumenti di pianificazione di 
			settore o territoriale, regionale o locale. Tali strumenti possono 
			operare anche una revisione delle zone di riserva Nel caso di 
			successivo utilizzo delle risorse idriche presenti all'interno delle 
			zone di riserva, si dovrà procedere alla delimitazione delle aree di 
			salvaguardia.
TITOLO II: MODALITÀ OPERATIVE DA SEGUIRE PER 
			L'APPLICAZIONE DEL CRITERIO TEMPORALE 
			I. Le zone di rispetto individuate con criterio temporale, dopo aver 
			individuato la struttura idrogeologica del sottosuolo, sono 
			delimitate con la seguente metodologia:
			a) ricostruzione della piezometria statica e valutazione delle 
			distorsioni indotte in funzione delle portate massime concesse dei 
			pozzi, applicando le consuete leggi dell'idrodinamica sotterranea 
			appropriate al tipo di pozzo e di acquifero considerati;
			b) tracciamento delle linee di flusso e loro suddivisione in 
			intervalli di uguale tempo di percorrenza;
			c) tracciamento delle linee isocrone.
			Tale procedura può essere seguita anche mediante l'utilizzo di 
			appositi codici numerici. Il tipo di codice usato, i valori e 
			l'origine dei parametri numerici e le assunzioni adottate nelle 
			elaborazioni devono essere esplicitate all'interno degli studi e 
			delle indagini eseguite per il dimensionamento delle aree di 
			salvaguardia. Deve esser privilegiato il ricorso a codici numerici 
			di riconosciuta affidabilità e devono essere seguite procedure 
			standard di utilizzo.
			2. Dopo tale ricostruzione, si scelgono linee isocrone idonee ad 
			identificare il limite fra aree a diverso grado -di tutela, 
			corrispondenti ai diversi valori del tempo di sicurezza considerato.
			3. Nell'elaborazione dovranno essere presi in attenta considerazione 
			l'influenza della struttura idrogeologica sulla piezometria e sulla 
			rete di flusso in condizioni dinamiche ed in specie, i limiti, le 
			variazioni di conducibilità idraulica e trasmissivita', i caratteri 
			idraulici degli acquiferi e dei livelli semipermeabili.
			4. I risultati ottenuti con i calcoli devono essere ampiamente 
			descritti e documentati.
			5. Al fine di ottenere i parametri numerici da utilizzare, è 
			necessaria l'effettuazione, sui pozzi, di prove di tipo idrodinamico 
			e/o idrochimico, che risultino idonee al caso esaminato. Le prove 
			idrauliche, eseguite possibilmente mediante un pozzo di prova e più 
			piezometri, devono essere effettuate solo sulla stessa falda da 
			esaminare, interpretandone le curve sperimentali con correzioni 
			opportune. 
			Eventuali misure simultanee eseguite su falde diverse da quello 
			oggetto della prova sono utilizzabili per lo studio di una eventuale 
			intercomunicazione delle falde dal punto di vista idraulico. 
			Le prove con traccianti dovranno essere effettuate con l'impiego di 
			sostanze innocue sotto il profilo igienico, sanitario e ambientale. 
			Gli schemi riportati nelle Fig. 1 e 2 esemplificano una 
			delimitazione delle aree di salvaguardia rispettivamente per un 
			pozzo singolo e per gruppi di pozzi nel reciproco raggio di 
			influenza.
			6. Parallelamente alla delimitazione delle zone di rispetto, sono 
			individuati gli eventuali centri di pericolo di cui all'allegato 2, 
			titolo II, punto 1 che, per potenzialità di contaminazione, devono 
			essere assoggettati a controllo. A tal fine possono essere 
			realizzati, ove non esistenti, pozzi e/o piezometri.
ALLEGATO 4 - CRITERI PER LA DELIMITAZIONE DELLE AREE DI 
			SALVAGUARDIA DELLE SORGENTI 
TITOLO I: CRITERI PER LA DELIMITAZIONE DELLE AREE DI 
			SALVAGUARDIA 
A. Delimitazione della zona di tutela assoluta.
1. Ai fini della delimitazione della zona di tutela assoluta ai sensi 
			dell'articolo 21, comma 4, del decreto legislativo n° 152/99, si 
			deve tenere conto della diversa tipologia delle opere di captazione 
			(bottini di presa, drenaggi, gallerie drenanti, trincee drenanti, 
			pozzi verticali e dreni, captazione diretta in cavità sotterranea o 
			grotta), nonché della protezione dell'acquifero e del pericolo di 
			inquinamento a cui è soggetta la risorsa e la rilevanza della 
			captazione.
			2. Nella zona di tutela assoluta deve essere assicurata un'efficace 
			protezione da frane e da fenomeni di intensa erosione ed alluvioni.
			3. Ove possibile la zona di tutela assoluta deve essere 
			opportunamente recintata.
B. Delimitazione della zona di rispetto
			1. Qualora sia adottato il criterio geometrico di cui all'allegato 
			2, Titolo 1, punto 3, lettera a), la zona di rispetto si configura 
			come una porzione di cerchio di raggio non inferiore a 200 m con 
			centro nel punto di captazione, che si estende idrogeologicamente a 
			monte dell'opera di presa ed é delimitata verso valle dall'isoipsa 
			passante per la captazione; quando le condizioni idrodinamiche 
			dell'acquifero lo richiedano, la zona di rispetto potrà essere 
			estesa idrogeologicamente anche a valle dell'opera di presa per 
			un'estensione adeguata alla situazione.
			2. Qualora sia adottato il criterio idrogeologico di cui 
			all'allegato 2, Titolo I, punto 3, lettera c), esso deve basarsi 
			sugli studi di cui all'Allegato 2, effettuati anche mediante l'uso 
			di tecniche idrochimiche (facies idrochimiche, uso traccianti e di 
			isotopi ambientali). Tra i vari metodi applicabili può essere 
			utilizzato anche quello basato sul tempo di dimezzamento della 
			portata massima annuale; tale metodo, la cui applicabilità deve 
			essere verificata caso per caso sulla base dell'assetto 
			idrogeologico, richiede la disponibilità di serie affidabili di 
			misure di portata per determinare la curva di esaurimento delle 
			sorgenti.
			3. Qualora sia adottato il criterio temporale, viene di norma 
			utilizzato un tempo di sicurezza di 60 giorni, per la zona di 
			rispetto ristretta e di norma di 180 o di 365 giorni per quella 
			allargata, in funzione della protezione e del pericolo di 
			comminazione della risorsa.
			4. A scopo cautelativa ciascun inquinante viene sempre considerato 
			conservativo, cioè non soggetto a degradazione, adsorbimento, 
			decadimento, etc.; per le elaborazioni deve essere adottata la 
			velocità di filtrazione dell'acqua nel mezzo saturo.
C. Delimitazione della zona di protezione
			1. Il dimensionamento della zona di protezione di una sorgente è 
			possibile in base a studi idrogeologici, idrochimici e idrologici 
			della struttura acquifera alimentatrice; in via cautelare appare 
			opportuno comprendere nella zona di protezione l'intera area di 
			alimentazione delle sorgenti, comprese eventuali strutture acquifere 
			limitrofe dalle quali sia attivo un significativo fenomeno di 
			travaso idrico sotterraneo. 
			Una delimitazione più dettagliata potrà essere effettuata sulla base 
			di ulteriori studi e monitoraggio quali-quantitativo delle acque 
			meteoriche, superficiali e sotterranee.
			2. Per le sorgenti alimentate da strutture estremamente vaste, la 
			severità dei vincoli è rapportata in relazione all'importanza della 
			captazione e alla presenza di elementi critici sotto il profilo 
			della tutela della risorsa.
			3. In base alle risultanze degli studi potranno essere individuati, 
			all'interno dei piani sovracomunali, gli interventi più idonei per 
			la tutela del patrimonio idrico e per la messa in sicurezza degli 
			eventuali insediamenti esistenti che possano comportare il pericolo 
			di inquinamento.
			4. Per le zone di riserva si adotta quanto precedentemente esposto 
			all'allegato 3,Titolo I, parte C, punto 3.
ALLEGATO 5 - CRITERI PER LA DELIMITAZIONE DELLE AREE DI 
			SALVAGUARDIA DELLE CAPTAZIONI DI ACQUE SUPERFICIALI 
			1. I provvedimenti di tutela tendono a garantire che le attività 
			svolte nel territorio circostante la presa non abbiano un immediato 
			riflesso sulla qualità delle acque captate.
			2. L'evento che può dare luogo ad un inquinamento può derivare da 
			acque superficiali e sotterranee contaminate e da dilavamento del 
			suolo. Tale evento può derivare anche da un affluente del corpo 
			idrico nel quale avviene la presa d'acque.
			3. La delimitazione delle aree di salvaguardia è conseguente alla 
			realizzazione degli studi di cui all'allegato 2, Titolo II, punto 7.
			4. Gli studi relativi alla delimitazione delle aree di salvaguardia 
			devono estendersi per un'area congrua in relazione al mantenimento 
			della qualità dell'acqua captata, che consideri il rapporto tra la 
			portata derivata e il volume o la portata del corpo idrico 
			superficiale.
			5. Qualora sia possibile, il posizionamento dell'opera di presa deve 
			essere tale da evitare afflussi di inquinanti, considerando in moda 
			opportuno correnti e, per laghi e bacini, fenomeni di 
			stratificazione termica della masse idriche. 
			Per le opere di presa esistenti e nei casi in cui ciò non sia 
			possibile, devono essere adottati provvedimenti cautelativi 
			adeguati.
TITOLO I: CORSI D'ACQUA NATURALI E CANALI ARTIFICIALI
A. Delimitazione della zona di tutela assoluta
			1. La zona di tutela assoluta deve avere, ai sensi dell'articolo 21, 
			comma 4, del decreto legislativo n° 152/99, una estensione, ove 
			possibile, di almeno 10 metri di raggio e deve essere adeguatamente 
			protetta per un'area comprendente i manufatti pertinenti alla 
			captazione.
			2. La zona di tutela assoluta è destinata esclusivamente a contenere 
			le opere necessarie ad assicurare la derivazione di acque, il loro 
			eventuale trattamento e trasferimento.
B. Delimitazione della zona di rispetto
			1. La zona di rispetto è costituita da un'area circostante la zona 
			di tutela assoluta che si sviluppa a monte dell'opera di presa 
			interessante il corso d'acqua e le relative sponde. L'estensione 
			longitudinale, ove possibile non inferiore a 200 m, deve essere 
			correlata a vari fattori tra cui, in particolare, la portata d'acqua 
			derivata, la velocità e la portata del corpo idrico. L'ampiezza 
			laterale dell'area, rispetto all'asta del corso d'acqua, sarà 
			valutata in relazione alle condizioni di pericolo di inquinamento, 
			tenendo particolare conto dell'uso delle aree, nonché, ove 
			necessario, del rapporto acque superficiali-acque sotterranee.
			2. Nel caso di centri di pericolo già esistenti, non rimovibili a 
			breve-medio termine, devono essere realizzate apposite misure 
			complementari, in relazione alla minore sicurezza delle captazioni.
C. Delimitazione della zona di protezione
1. La zona di protezione delle captazioni di acque superficiali è 
			finalizzata al mantenimento e al miglioramento delle caratteristiche 
			di qualità dell'acqua nei corpi idrici del bacino a monte della 
			presa, con riferimento alle previsioni del piano di tutela delle 
			acque di cui all'art. 44 del decreto legislativo n° 152/99.
			2. Nelle zone di protezione possono essere previsti sistemi di 
			monitoraggio ed allarme per segnalare tempestivamente variazioni 
			delle caratteristiche fisicochimiche del corpo idrico superficiale. 
			Tali sistemi sono dimensionati e posizionati a seconda delle 
			caratteristiche idrogeologiche del bacino e dei corpi idrici 
			superficiali e della rilevanza dell'opera di presa.
TITOLO II: LAGHI, BACINI NATURALI E ARTIFICIALI
A. Delimitazione della zona di tutela assoluta e della zona di rispetto
			1. Date le caratteristiche peculiari dei corpi lacustri la zona di 
			tutela assoluta e la zona di rispetto, di norma coincidono.
			2. L'area interessa, ove possibile, una porzione di lago delimitata 
			da una circonferenza di raggio non inferiore a 200 m con centro 
			nell'opera di captazione e deve estendersi verso la costa più 
			vicina, interessandone un tratto di lunghezza non inferiore a quello 
			compreso tra gli estremi della proiezione del diametro sulla costa 
			stessa.
B. Delimitazione della zona di protezione
			1. La zona di protezione delle captazioni di laghi e bacini naturali 
			e artificiali è finalizzata al mantenimento e al miglioramento delle 
			caratteristiche di qualità dell'acqua nei corpi idrici del bacino a 
			monte della presa, con riferimento alle previsioni del Piano di 
			tutela delle acque di cui all'art. 44 del decreto legislativo n° 
			152/99.
			2. Per la zona di protezione valgono le considerazioni fatte per i 
			corsi d'acqua. In particolare nelle zone di protezione di risorse 
			idriche che alimentano bacini artificiali utilizzati a scopo 
			potabile e considerati di valore strategico, possono essere posti 
			vincoli all'espansione dei centri urbani, allo scarico di acque 
			reflue, all'istallazione di industrie pericolose, all'allevamento 
			del bestiame, all'attività agricola intensiva, all'apertura di cave, 
			ad interventi colturali che favoriscono l'erosione e l'instabilità 
			dei versanti ed ogni altra attività e destinazione d'uso del 
			territorio che può compromettere lo stato della risorsa utilizzata.