UNI, Finanza sostenibile e rischio Green washing

Sul sito UNI è stato pubblicato un interessante articolo sui concetti di Finanza sostenibile “quando include principi di sostenibilità (ESG: Environment, Social, Governance) nelle scelte di investimento” e sul cosiddetto Green washing “ecologismo o ambientalismo di facciata come strategia di comunicazione di alcune imprese, organizzazioni o istituzioni politiche finalizzata a costruire un’immagine di sé ingannevolmente positiva sotto il profilo dell’impatto ambientale”.

La finanza sostenibile e il rischio di green washing (Articolo pubblicato nel sito UNI – 10 marzo 2022)

Una corretta educazione finanziaria del cittadino aumenta la trasparenza del mercato e incrementa l’efficienza del sistema. Ma quando si può parlare di finanza sostenibile? E qual è il contributo della normazione tecnica?

In termini generali si può dire che al mercato, per funzionare bene, servono due cose: un sistema giudiziario efficiente e delle buone norme per la tutela del consumatore e la trasparenza del mercato.

Il mondo della normazione influisce in modo puntuale su questa seconda dimensione ed in modo indiretto sul primo aspetto.

Partiamo da un concetto entrato in maniera preponderante nel nostro vocabolario quotidiano: lo sviluppo sostenibile.

Gro Harlem Bruntland, tra le prime ad usare questo termine, lo definisce come “quello sviluppo che consente alla generazione presente di soddisfare i propri bisogni senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri”.

Questo principio è stato rappresentato in molti modi. Tra questi, uno dei più efficaci è quello (espresso da Baden-Powell) che ci rammenta che “noi non abbiamo ereditato il mondo dai nostri padri, ma lo abbiamo avuto in prestito dai nostri figli e a loro dobbiamo restituirlo migliore di come lo abbiamo trovato”.

Insomma: la sostenibilità è un tema di tutti e che riguarda tutti. Richiede, di conseguenza, un multilateralismo che prenda in carico i diritti di tutti gli stakeholder unendo coinvolgimento, rispetto delle minoranze ed ampio consenso. E richiede per sua natura un insieme di azioni o comportamenti coordinati di Stati o altri soggetti di relazioni internazionali.

Se si parla di multilateralismo è allora utile ricordare come questo sia esattamente l’essenza del mondo della normazione tecnica, che parte dal postulato che dobbiamo sempre lavorare in due direzioni: coinvolgimento degli stakeholder e costruzione del consenso.

E veniamo al tema della finanza. Oggi è difficile trovare gestori o intermediari finanziari che non mettano in luce la propria attenzione per la “finanza sostenibile”. L’economia e la finanza sono protagoniste nella creazione di un mondo con meno bisogni, grazie alla loro capacità di pianificare un futuro prospero effettuando oculate scelte nel presente.

Si corre tuttavia il rischio che l’eccesso di autoreferenzialità e ancor più l’abuso dell’aggettivo “sostenibile” nascondano operazioni di marketing e comunicazione più che sincere convinzioni e comportamenti conseguenti. L’utilizzo quindi del termine “finanza sostenibile” a fini puramente commerciali o decorativi viene definito “green washing”, neologismo inglese che indica ecologismo o ambientalismo di facciata e descrive efficacemente la strategia di comunicazione di alcune imprese, organizzazioni o istituzioni politiche finalizzata a costruire un’immagine di sé ingannevolmente positiva sotto il profilo dell’impatto ambientale, allo scopo di distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica dagli effetti negativi per l’ambiente dovuti alle proprie attività o ai propri prodotti.

Nel mondo ISO è presente, da tempo, un approccio deciso volto a creare una comunicazione non fuorviante, accurata, verificabile.

Lo testimoniano alcune norme, da quella storica sulle asserzioni ambientali (UNI EN ISO 14021), alla nuovissima specifica sui claim etici (UNI ISO/TS 17033) che coinvolge fortemente il mondo della comunicazione.

Naturalmente le imprese interessate ai temi ambientali per motivi di immagine sono solo alcune e la sostenibilità è divenuta una lente interpretativa attraverso la quale sempre più consumatori guardano il mondo e valutano chi ne fa parte. Il tema “sviluppo sostenibile”, che implica uno sguardo prospettico verso il futuro, coinvolge le Nazioni Unite, molti paesi, le agende nazionali ed internazionali e vincola governi ed organizzazioni a comportarsi bene in termini sostanziali e non formali.

Per la finanza il tema del futuro è fondativo. Investire, infatti, è il modo più efficiente per mettere i risparmi di oggi in accordo coi consumi di domani. Ma anche i debiti, la protezione dai rischi, la previdenza implicano scelte presenti con grandi conseguenze sul futuro.

Quando dunque la finanza può definirsi sostenibile?

La finanza si definisce sostenibile quando include principi di sostenibilità (ESG: Environment, Social, Governance) nelle scelte di investimento. In specifico, la componente “E” evidenzia l’attenzione all’ambiente (Environment), quella S alle persone, collettive e individuali (Social) e quella G (Governance) valuta il modo in cui una azienda è amministrata, ossia i rapporti interni, il rispetto sostanziale delle normative e delle persone che ci lavorano e collaborano.

Una finanza realmente interessata all’impatto ESG attua una strategia positiva ed attrae la componente più attenta degli investitori, realizzando circoli virtuosi.

Bisogna tuttavia avere una lettura integrata dell’ESG, perché ogni componente della strategia ha impatto sulle altre e non si può ragionare settorialmente. Ad esempio rispettare l’ambiente se non si rispettano i clienti, o se si chiedono ai propri dipendenti overperformance o se, ancora, si attuano o consentono discriminazioni di genere significa essere “decorativi” e non sinceri.

In sostanza, si può praticare finanza sostenibile perché è una lente con la quale si intende guardare al mondo (ed al futuro) o, al contrario, perché conviene e magari si ritiene che la convenienza di oggi importi più del domani. In tutti i casi il timore diffuso è che, per coerenza con le mode e i sentimenti più diffusi, si stia privilegiando l’aspetto ambientale a discapito dell’attenzione verso la collettività (i diritti in primis) e del rapporto con le persone che collaborano in azienda.

La finanza, infatti, può essere sostenibile da diversi punti di vista e con riguardo a differenti stakeholders. La scelta di privilegiare cittadini, clienti, dipendenti/collaboratori od azionisti ne è un esempio. Quale scala è più rispettosa del futuro, e del futuro di chi?

Nel mondo della normazione il tema della sostenibilità sostanziale della finanza è al centro dei lavori dell’ISO/TC 322 “Sustainable finance”, un comitato tecnico che sviluppa norme in questo settore e che collabora in modo stretto con l’ISO/TC 68 sui servizi finanziari (“Financial services”).

La finanza, tuttavia, è pur sempre un mezzo al servizio di sogni e desideri dei destinatari finali, gli utenti o, per meglio dire, le persone e le famiglie. Per questo istituzioni come OCSE (l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) si sono, dal 2005, dedicate specificatamente al tema dell’educazione finanziaria.

In Italia l’educazione opera in due forme: l’alfabetizzazione, che offre equipaggiamenti culturali, informazioni ed istruzioni a gruppi di cittadini, e l’educazione finanziaria in forma di consulenza generica personale, che ha nella norma internazionale UNI ISO 22222 sulla pianificazione finanziaria, economica e patrimoniale il riferimento forte e nella UNI 11402, prima norma tecnica al mondo specifica sull’educazione finanziaria “personale”, la sua declinazione effettiva.

Con l’educazione finanziaria di qualità, la finanza assume pienamente il proprio ruolo sociale e si dedica a tutti: alle persone fragili, vulnerabili e stabili che siano.

Ogni famiglia, infatti, ha diritto ad un accompagnamento personale volto a evidenziare, con competenze e strumenti conformi, le sfide economiche della vita, a partire dal budget per proseguire con i debiti, la protezione dai rischi, la pensione e l’investimento finalizzato ai progetti di vita personali e familiari.

La prima declinazione pubblica dell’educazione finanziaria in conformità con la norma UNI 11402 è in atto a Milano, grazie ad un servizio di sportelli comunali che offrono agli utenti questo servizio gratuito.

L’esperienza è in rapido ampliamento ed altre città stanno mettendo a frutto le esperienze del modello “Comune di Milano-UNI 11402”.

Autori: Stefano Bonetto Presidente CT UNI “Servizi” – Sergio Sorgi Presidente eQwa


Sito internet: UNI

Torna in alto