Mase, Riutilizzo in situ delle acque reflue

Il Mase, in risposta ad interpello, fornisce chiarimenti in merito al riutilizzo di acque reflue presso il medesimo stabilimento o consorzio industriale che le ha prodotte (c.d. riutilizzo in situ delle acque reflue).

Quesiti

La regione Lazio riferisce chele autorità competenti a rilasciare i titoli autorizzativi ricevono numerose istanze recanti «progetti che contemplano il riutilizzo in situ di acque reflue depurate (in genere le acque meteoriche di dilavamento dei piazzali su cui insistono stoccaggi di rifiuti o lavorazioni di materiali che possono rilasciare sostanze inquinanti) per finalità inerenti il ciclo produttivo o la gestione dell’insediamento (in genere per mitigazione polveri, lavaggio ruote dei veicoli antincendio, innaffiamento barriera arborea, acque di processo)».

Di conseguenza, l’Amministrazione regionale, tramite interpello chiede al Ministero:

  1. «di chiarire se, in assenza di disposizioni normative nazionali, le istanze presentate dalle ditte che prevedono il riutilizzo in situ delle acque reflue depurate per finalità inerenti il ciclo produttivo o la gestione dell’insediamento (mitigazione polveri, antincendio, innaffiamento barriera arborea, acque di processo o altro) possano essere accolte dagli Enti autorizzatori ovvero se tale lacuna normativa in proposito equivalga ad un esplicito divieto»;
  2. «qualora si ritenga che sussista la possibilità di consentire tale riutilizzo, di indicare quale sia la disciplina autorizzativa da applicare, ivi compresa la normativa di riferimento per la definizione dei requisiti di qualità delle acque reflue depurate ai fini del loro riutilizzo nel medesimo stabilimento che le ha prodotte nonché l’autorità competente preposta al rilascio della suddetta autorizzazione».

Considerazioni Mase

Quesito n. 1

Il Mase tra l’altro evidenzia come l’assenza di norme tecniche per il riutilizzo in situ delle acque reflue, tuttavia, non determini, in via interpretativa, un divieto assoluto in assenza di una espressa disposizione normativa in tal senso. Anzi, nel DLgs n. 152/2006 si rinvengono più disposizioni di carattere generale volte a promuove il riutilizzo delle acque reflue (cfr. art. 98, comma 1; art. 101, comma 10; art. 110, comma 4; art. 155, comma 6).

Secondo il Mase, quindi il riutilizzo in situ di acque reflue, nella misura in cui non è oggetto di un esplicito divieto, né di una disposizione che ne condizioni l’esercizio all’ottenimento di una specifica autorizzazione al riutilizzo, deve essere considerata un’attività consentita, non sottoposta all’autorizzazione prevista dalle disposizioni nazionali e sovranazionali in materia di riutilizzo di acque reflue.

Quesito n. 2

In via generale, Il Ministero osserva che, coerentemente con quanto si evince anche dalla normativa sovranazionale, ancorché non sottoposto al regime autorizzativo previsto per il riutilizzo delle acque reflue, non sembra possibile ritenere che il riutilizzo in situ delle acque reflue sia un’attività libera in senso assoluto.

Difatti, a seconda delle circostanze il riutilizzo in situ comporta un necessario collegamento ad un’attività industriale “a monte” o una specifica destinazione “a valle” (es., scarico).

Questo implica, sotto il profilo del regime amministrativo, che il gestore sia tenuto a munirsi del titolo abilitativo previsto per l’attività industriale “a monte” o per la destinazione “a valle”, ma non anche dell’ulteriore e specifico titolo previsto in materia di riutilizzo delle acque reflue.

Nella misura in cui il riutilizzo in situ non è sottoposto al titolo autorizzativo previsto per le altre forme di riutilizzo, Il Mase riteien che tale attività segue il regime giuridico della fattispecie su cui insiste.

Inoltre, per quanto riguarda il regime dei requisiti tecnico-sostanziali di qualità delle acque ai fini del loro riutilizzo in situ, essi sono da rinvenirsi nelle discipline settoriali di volta in volta applicabili.

Infine, in relazione all’esempio riportata in interpello, Il Mase chiarisce che in assenza di una disciplina regionale, il riutilizzo in situ delle acque meteoriche dilavanti non è soggetto ad alcun divieto assoluto, ancorché ontologicamente distinte dalle acque reflue. Infatti, l’art. 1, comma 3, del d.m. n. 185/2003, vale solo ad escludere l’applicabilità delle norme tecniche dettate dal medesimo Regolamento al riutilizzo in situ di acque reflue.

Conclusioni Mase

Il Ministero, quindi conclude quanto segue:

  • a) l’attività di riutilizzo in situ delle acque reflue, come individuata e definita dall’art. 1, comma 3, d.m. n. 185/2003, non è soggetta ad alcun divieto assoluto;
  • b) il riutilizzo in situ, previo eventuale trattamento depurativo, è autorizzato nell’ambito del regime giuridico dell’impianto/stabilimento/installazione da cui originano le acque reflue;
  • c) le acque di prima pioggia e di lavaggio sono soggette, ove esistente, alla disciplina regionale;
  • d) sono fatte salve eventuali disposizioni particolari concernenti gli impianti di stoccaggio rifiuti, la cui disciplina esula dalle competenze della scrivente Direzione.

Testo

Mase, Interpello Risposta prot.n. 158381 del 4-10-2023

Interpello ambientale ai sensi dell’art.3-septies del d.lgs 152/2006 in ordine a “Riutilizzo in situ delle acque reflue”

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