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01-10-2019
Cassazione penale, prelievo e analisi di campioni
La Corte di Cassazione, con Sentenza n. 36626 del 29 agosto 2019,
si è pronunciata sulle garanzie difensive in merito al
prelievo effettuato e successive analisi nel corso di
attività ispettive o di vigilanza.
A norma del comma 1 dell'art. 223 disp. att. cod. proc. pen.,
l'avviso all'interessato del giorno, dell'ora e del luogo ove le analisi
saranno effettuate può essere dato anche oralmente e per tale
avviso non è prescritta alcuna forma specifica, né alcun termine
minimo deve intercorrere tra il prelievo e le successive analisi,
essendo richiesto soltanto che detto termine sia comunque
sufficiente a consentire all'interessato la possibilità di ottenere
l'assistenza eventuale di un consulente tecnico.
Se si tiene conto del dato letterale dell'art. 220, emerge
chiaramente che lo stesso si riferisce ad indizi di reato che
emergono nel corso delle attività ispettive o di vigilanza, il che
porta ad affermare che la cognizione circa la sussistenza di indizi di
reità, ancorché non riferibili ad un soggetto specifico, deve risultare
oggettivamente evidente a chi opera mentre effettua tale attività e non deve
essere soltanto ipotizzata sulla base di mere congetture, né può ritenersi
possibile, dopo che un reato è stato accertato, sostenere che chi effettuava
il controllo avrebbe dovuto prefigurarsi quale ne sarebbe stato l'esito.
Nel caso di specie, il difensore lamentava la violazione
delle garanzie difensive (art. 220 disp. att. cod. proc. pen., che dispone
l'osservanza delle disposizioni del codice) rilevando come, nella
fattispecie, all'atto del controllo, fossero presenti indizi di reato -
rappresentati dal colore rossastro dell'acqua e dalla presenza di un tubo
nei pressi del pozzetto - tali da rendere necessaria l'applicazione delle
garanzie difensive di cui all'art. 220 delle medesime disposizioni di
attuazione.
Diversamente, la Corte riconosceva la piena correttezza e logicità
dell'affermazione della Corte territoriale, secondo cui la presenza di un
tubo ed il colore rossastro del liquido presente nel pozzetto di prelievo
non potevano ritenersi elementi univocamente indicativi della
possibile sussistenza del reato, perché riferibili anche ad altre
evenienze o imputabili a diversi fattori, come altrettanto correttamente
aveva ritenuto il Tribunale.