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	12-06-2019
	Cassazione penale, Attività di gestione rifiuti non autorizzata e 
	assoluta occasionalità
	La Corte di Cassazione, con la Sentenza n. n. 20467 del 13 maggio 
	2019, si è pronunciata sulla rilevanza della "assoluta 
	occasionalità", ai fini dell'esclusione della tipicità dell’art. 256, comma 
	1, d.lgs. n. 152 del 2006.
	La rilevanza della "assoluta occasionalità", ai fini dell'esclusione 
	della tipicità dell’art. 256, comma 1, d.lgs. n. 152 del 2006, deriva non 
	già da un’arbitraria delimitazione interpretativa della norma, bensì dal 
	tenore della fattispecie penale, che, punendo l’"attività" di raccolta, 
	trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione, concentra il 
	disvalore su un complesso di azioni, che, dunque, non può coincidere con una 
	singola condotta assolutamente occasionale.
	Peraltro, si specifica che l’assoluta occasionalità non può 
	essere ricavata esclusivamente dalla natura giuridica del soggetto 
	agente (privato, imprenditore, ecc.) dovendo, invece, ritenersi non 
	integrata in presenza di una serie di indici dai quali poter desumere un 
	minimum di organizzazione che escluda la natura solipsistica della condotta. 
	In precedenza, la Corte in altre pronunce aveva 
	affermato che il carattere non occasionale della condotta di 
	trasporto illecito di rifiuti può essere desunto da indici 
	sintomatici, quali la provenienza del rifiuto da un’attività 
	imprenditoriale esercitata da chi effettua o dispone l'abusiva gestione, la 
	eterogeneità dei rifiuti gestiti, la loro quantità, le caratteristiche del 
	rifiuto indicative di precedenti attività preliminari di prelievo, 
	raggruppamento, cernita, deposito.
	Altri elementi indicativi per valutare l’occasionalità o 
	meno del trasporto si desumono dal dato ponderale dei 
	rifiuti oggetto di gestione, dalla disponibilità di un 
	veicolo adeguato e funzionale al trasporto di rifiuti, dal fine di profitto 
	perseguito. 
	Da ultimo, la Corte afferma che il profilo dell’assoluta occasionalità 
	della condotta è oggetto di una valutazione di fatto che è 
	rimessa al giudice del merito, e dunque questione essenzialmente probatoria, 
	che, ove congruamente motivata, non è suscettibile di censura in sede di 
	legittimità.