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11-09-2018
Cassazione penale, disciplina autorizzazione integrata ambientale
La Corte di Cassazione, con la Sentenza n. 38753 del 21 agosto
2018, si è pronunciata sulla disciplina dell'autorizzazione
integrata ambientale.
Le specifiche finalità indicate dal legislatore ed, in ogni caso,
desumibili dal complesso delle norme in materia di AIA, impongono una
rigorosa e restrittiva interpretazione, tale da non
vanificare gli effetti di questa particolare disciplina e non può
prescindersi da una altrettanto rigorosa disamina dei contenuti del titolo
abilitativo e della corrispondenza tra quanto autorizzato e le condizioni
effettive di svolgimento dell’attività, senza che tale verifica possa
arrestarsi di fronte alla mera disponibilità dell’autorizzazione.
Se l’AIA è richiesta per le “installazioni” che svolgono le attività
descritte nell’Allegato VIII (art. 6, comma 13) e se tra le installazioni
rientra qualsiasi altra attività accessoria, che sia tecnicamente connessa
con le attività svolte e possa influire sulle emissioni e sull'inquinamento,
è evidente che tale connessione non può che riferirsi comunque ad
attività comprese tra quelle elencate nel suddetto allegato e non
anche riferibili ad altre attività eventualmente svolte nel medesimo
insediamento, con la conseguenza che l’AIA rilasciata per attività non
comprese nell’Allegato VIII alla Parte Seconda del d.lgs. 152/06 prima delle
modifiche apportate dal d.lgs. 46/2014 comporta l’applicazione della
disciplina transitoria di cui all’art. 29 del citato decreto legislativo e
la conseguente necessità di una nuova istanza di rilascio
dell’AIA, ovvero di una istanza di adeguamento.
Nel caso di specie, trattasi di violazione contestata
nel decreto di sequestro ed ha ad oggetto l'attività di recupero e gestione
di scorie e ceneri in assenza della prescritta autorizzazione integrata
ambientale (AIA), richiesta dall'art. 6 del d.lgs. 152/06 come modificato
dalla legge 46/2014.