News / Giurisprudenza / Acque
02-09-2016
Cassazione penale, scarico acque reflue centro di emodialisi
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 35850 del 31 agosto
2016, si è pronunciata in merito ad uno scarico di acque reflue
prodotte da un centro di emodialisi affermandone la natura di acque reflue
industriali.
Le acque reflue prodotte da un centro di emodialisi in
quanto provenienti da una attività che ha ad oggetto l'effettuazione di
prestazioni terapeutiche sono caratterizzate dalla presenza di
sostanze estranee sia al metabolismo umano che alle attività domestiche;
non possono, quindi, essere qualificate come acque reflue domestiche ma
vanno qualificate come acque reflue industriali.
Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, infatti, il
criterio distintivo tra insediamenti civili e insediamenti produttivi
deve essere ricercato in concreto sulla base dell'assimilabilità o meno dei
rispettivi scarichi, per quantità e qualità dei reflui, a quelli provenienti
da insediamenti abitativi.
La Corte ha quindi ribadito quanto già affermato in precedenza "secondo
cui la definizione di acque reflue domestiche, contenuta
nel d.lgs. n. 152 del 2006, quali acque provenienti da insediamenti di tipo
residenziale e da servizi e derivanti prevalentemente dal metabolismo umano
e da attività domestiche, è tale da non ricomprendere ai sensi del
successivo art. 101, comma 7, lett. e) le acque reflue non aventi
caratteristiche qualitative equivalenti a quelle domestiche".
Pertanto, in tema di inquinamento idrico, lo scarico di acque
reflue provenienti da un centro di emodialisi configura il reato di cui
all'art. 137, comma 1, del D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152
(contravvenzione in materia di scarico di acque reflue industriali in
assenza di autorizzazione), trattandosi di acque provenienti da un’attività
che ha ad oggetto l’effettuazione di prestazioni terapeutiche caratterizzate
dall’impiego di sostanze estranee sia al metabolismo umano che alle attività
domestiche.