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11-03-2016
Cassazione penale, responsabilità gestione rifiuti
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 8652 del 3 marzo
2016, si è pronunciata in tema di responsabilità per la
gestione dei rifiuti.
L'art. 178, comma 3, del D.lgs. n. 152 del 2006, ha statuito il
principio di "responsabilizzazione e di cooperazione di
tutti i soggetti coinvolti nella produzione, nella distribuzione,
nell'utilizzo e nel consumo di beni da cui originano i rifiuti".
Pertanto, in tema di gestione dei rifiuti, le
responsabilità per la sua corretta effettuazione, in relazione
alle disposizioni nazionali e comunitarie, gravano su tutti i
soggetti coinvolti nella produzione, distribuzione, utilizzo e
consumo dei beni dai quali originano i rifiuti stessi, e le stesse si
configurano anche a livello di semplice istigazione, determinazione,
rafforzamento o facilitazione nella realizzazione degli illeciti.
Non c'è dubbio che il reato di cui all'art. 256 cit., comma 1,
non sia un reato proprio non dovendo necessariamente
essere integrato da soggetti esercenti professionalmente l'attività di
gestione rifiuti, dal momento che la norma fa riferimento a "chiunque".
È altrettanto indubitabile, però, che in presenza di una
attività di gestione svolta da un'impresa vigono i principi sopra
richiamati in ordine alla individuazione dei soggetti responsabili.
Pertanto la responsabilità per l'attività di
gestione non autorizzata non attiene necessariamente al profilo della
consapevolezza e volontarietà di una condotta attiva, potendo
scaturire anche da comportamenti omissivi, che violino i doveri
di diligenza per la mancata adozione di tutte le misure necessarie per
evitare illeciti nella predetta gestione e che legittimamente si
richiedono ai soggetti preposti alla direzione dell'azienda.
Quanto alla individuazione dei soggetti qualificati
indicati dalla norma in esame, la Corte ha già chiarito, in più
occasioni, che il reato di deposito incontrollato di rifiuti,
previsto dall'art. 256, comma secondo, D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, è
configurabile non soltanto in capo ai titolari di imprese ed ai
responsabili di enti che effettuano una delle attività indicate al comma
primo della richiamata disposizione (raccolta, trasporto, recupero,
smaltimento, commercio ed intermediazione di rifiuti in mancanza della
prescritta autorizzazione, iscrizione o comunicazione), ma anche
nei confronti di qualsiasi impresa avente le caratteristiche di
cui all'art. 2082 cod. civ., o di ente, con personalità giuridica o
operante di fatto.
La giurisprudenza di legittimità ha, inoltre, sottolineato
che il deposito o l'abbandono incontrollato di rifiuti,
ove posti in essere da titolari d'imprese e responsabili di
enti, integrano il reato, indipendentemente
dalla circostanza che i materiali provengano dall'esercizio di
attività di raccolta, recupero, smaltimento, commercio o
intermediazione di rifiuti, da parte dei soggetti attivi.
L'esercizio di dette attività connotano solo le ipotesi di
esercizio abusivo di attività previste nel primo comma
dell'articolo citato, mentre i soggetti attivi delle distinte
ipotesi configurate nel secondo comma sono tutti,
indistintamente, i titolari di impresa o responsabili di
enti, che abbandonano o depositano in modo
incontrollato i rifiuti, non solo di propria produzione, ma
anche di diversa provenienza.