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10-11-2016
Cassazione penale, classificazione rifiuto con codice CER a specchio
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 46897 del 9 novembre
2016, si è pronunciata sulla corretta classificazione dei
rifiuti identificati con un codice CER c.d. "a
specchio".
La Terza Sezione della Corte di cassazione ha affermato che, in caso
di gestione di rifiuti identificati con un codice c.d. “a specchio”
(previsto nelle ipotesi in cui da una medesima operazione o processo
produttivo possano derivare, in alternativa, un rifiuto pericoloso o non
pericoloso), il produttore/detentore è tenuto, per classificare il rifiuto e
attribuire il codice (pericoloso/non pericoloso), ad eseguire le necessarie
analisi per verificare l’eventuale presenza di sostanze pericolose ed il
superamento delle soglie di concentrazione, e solo nel caso in cui siano
accertati in concreto l’assenza o il mancato superamento di dette soglie, il
rifiuto, con codice “ a specchio”, potrà essere classificato come non
pericoloso.
Il ricorrente deduceva che per classificare come
pericoloso un rifiuto con codice CER 'a specchio', occorre la prova,
mediante analisi, del superamento di determinate concentrazioni di sostanze
pericolose.
Secondo la Corte, aderendo alla prospettiva dedotta dal ricorrente ne
deriverebbe che il detentore di un rifiuto con codice "a specchio" potrebbe
classificarlo come non pericoloso, e di conseguenza gestirlo come tale, in
assenza di analisi adeguate; ma tale interpretazione, oltre ad essere in
contrasto con gli obblighi di legge, è evidentemente eccentrica rispetto
all'intero sistema normativo che disciplina la gestione del ciclo dei
rifiuti, ed al principio di precauzione ad esso sotteso.
Pertanto, compete al detentore del rifiuto dimostrare in concreto
che, tra due codici "a specchio", il rifiuto vada classificato come non
pericoloso, previa caratterizzazione dello stesso; in mancanza, il rifiuto
va classificato come pericoloso.