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18-06-2015
Cassazione penale, scarico con superamento dei limiti tabellari
La Corte di Cassazione, con sentenza n. 21463 del 22 maggio 2015, si è
pronunciata sullo scarico di acque reflue con superamento dei limiti
tabellari confermando che integra il reato anche il
superamento singolo dei limiti di legge, in quanto ha la capacità di
ledere il bene protetto.
"Non deve, invero, essere dimenticato che in relazione alla tipologia
dei reati per cui si procede, è lo stesso legislatore ad aver espresso,
prevedendo una sanzione penale, il giudizio di disvalore penale (c.d.
offensività astratta) sotteso alla condotta vietata, donde qualsiasi
tentativo da parte del giudice di valutarne l'offensività in concreto è
inammissibile.
Ed invero, la violazione del divieto di scarico extra tabellare configura
(soprattutto oggi, a seguito della modifica apportata dalla legge n. 36 del
2010 che ha ristretto l'ambito di rilevanza penalistica della violazione) un
reato di pericolo presunto, che esclude ogni valutazione del giudice sulla
gravità, entità e ripetitività della condotta, la cui offensività è insita,
per la legge, nello stesso "non agere quod debetur" da parte del soggetto
munito dell'autorizzazione allo scarico. Ed invero essa, dolosa o colposa
che sia, offende l'interesse della pubblica amministrazione al rispetto
delle prescrizioni indicate nel titolo abilitativo quale condizione per il
regolare esercizio dell'attività autorizzata. E la sanzione penale prevista
per tale violazione è giustificata dal pericolo di inquinamento
dell'ambiente attraverso condotte che l'esperienza ha rivelato capaci di
produrre; sicché la norma funge da ostacolo, prevenendo il rischio di una
concreta offesa al bene ambiente da parte dell'esercente un'attività
autorizzata che, violando, anche se colposamente, le prescrizioni
dell'autorizzazione di cui è munito, potrebbe determinare un concreto
pericolo di compronnissione dell'ambiente".
Secondo la Corte deve essere quindi data continuità all'orientamento
secondo cui la fattispecie di scarico con superamento dei limiti tabellari
(oggi contemplata dall'art. 137, comma quinto, T.U.A.), quale reato autonomo
avente carattere formale, è integrata per il solo fatto del
superamento dei limiti di legge, in quanto il danno all'ambiente è
presunto per legge, sicché non è logicamente possibile -
senza scardinare il sistema, aprendolo a possibili gravi oscillazioni
operative con diversità di trattamento tra operatori - dedurre la non
offensività della trasgressione in concreto basata sulla natura limitata o
temporanea della violazione. Inoltre, non è necessario che
il reo, ai fini dell'affermazione della responsabilità penale per il reato
in esame, abbia anche la coscienza del superamento dei valori limite,
essendo sufficiente che tale superamento sia imputabile a condotta
colposa del medesimo, nella specie costituita dal non aver
colposamente posto in essere tutto quanto nelle sue possibilità per impedire
il superamento del limite previsto per il parametro Nichel.
Nel caso di specie, la Cassazione ha confermato
la sentenza del Giudice di merito che aveva condannato, ex art. 137, comma
5, d.lgs. 152/2006, i ricorrenti titolari di scarico in quanto nell'ambito
dell'attività di lavorazioni galvaniche dei metalli effettuavano lo scarico
in fognatura di acque reflue provenienti dall'attività della ditta
contenenti sostanza pericolosa quale NICHEL eccedente il limite prescritto
individuato dalla tab. 5 dell'all 5, parte III del D.Lgs. n. 152 del 2006.