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03-12-2015
Cassazione penale, emissioni in atmosfera e scarichi industriali in
assenza di autorizzazione
La Corte di Cassazione penale, con la sentenza n. 44353 del 3 novembre
2015, si è pronunciata sui reati di emissioni in atmosfera e scarichi
industriali avvinti dal vincolo della continuazione
soffermandosi inoltre sul concetto
di "abitualità", ai fini della declaratoria di non punibilità prevista dalla
nuova disciplina sulla "particolarità tenuità del fatto", ex art. 131-bis c.p..
In primo luogo, in merito alle due fattispecie di reato, la Corte ha ribadito che:
- Il reato previsto dall'art. 279 del d.lgs. n. 152 del 2006 è
configurabile indipendentemente dalla circostanza che le emissioni
superino i valori limite stabiliti, dovendosi fare invece riferimento
alla presenza di emissioni comunque moleste ed inquinanti ex se
connaturate quindi alla natura formale dal reato.
- La natura del refluo scaricato costituisce il criterio di discrimine
tra la tutela punitiva dì tipo amministrativo e quella strettamente
penale: nel caso in cui lo scarico abusivo abbia ad oggetto acque reflue
domestiche, ovvero di reti fognarie, potrà configurarsi l'illecito
amministrativo, d.lgs. n. 156 del 2006, ex art. 133, comma 2, mentre si
configurerà il reato di cui all'art. 137, comma 1, citato Decreto,
quando lo scarico riguardi acque reflue industriali, definite dall'art.
74, lett. h), come qualsiasi tipo di acque reflue provenienti da edifici
o installazioni in cui si svolgono attività commerciali o di produzione
di beni, differenti qualitativamente dalle acque reflue domestiche e da
quelle meteoriche di dilavamento, intendendosi per tali anche quelle
venute in contatto con sostanze o materiali, anche inquinanti.
In merito alla nuova disciplina sulla "non punibilità per particolarità
tenuità del fatto", si ricorda che l’art. 131-bis, comma 1,
c.p. delinea l'ambito di applicazione alla compresenza di due
condizioni:
- reati per i quali è prevista una pena detentiva non
superiore, nel massimo, a cinque anni, ovvero la pena pecuniaria,
sola o congiunta alla predetta pena.
- inoltre si richiede (congiuntamente e non
alternativamente) la particolare tenuità dell’offesa (cfr. comma 2)
e la non abitualità del comportamento (cfr. comma 3).
Secondo la Corte, nella norma (art. 131-bis, comma 3) non c’è alcun
indizio che consenta di ritenere che l’indicazione
dell’abitualità del comportamento presupponga un pregresso
accertamento in sede giudiziaria ed, anzi, sembra proprio che possa
pervenirsi alla soluzione diametralmente opposta, con la conseguenza che
possono essere oggetto di valutazione anche condotte prese in
considerazione nell’ambito del medesimo procedimento, il che
amplia ulteriormente il numero di casi in cui il comportamento può
ritenersi abituale, considerata anche la ridondanza dell’ulteriore
richiamo alle “condotte plurime, abituali e reiterate”.
In conclusione, la Cassazione afferma che: «Ciò consente,
pertanto, di considerare operante lo sbarramento del terzo comma anche
nel caso di reati avvinti dai vincolo della continuazione».
Nel caso di specie, il fatto sul quale si sono
pronunciati i Giudici concerneva l’esercizio di un’attività di
verniciatura auto che produceva emissioni in atmosfera in assenza della
prescritta autorizzazione (artt. 269 e 279, co. 1, D.Lgs. n. 152/2006)
ed in assenza anche della prescritta autorizzazione allo scarico di
acque reflue industriali provenienti da tale attività (artt. 124 e 137
D.Lgs. n. 152/2006), i cui reati sono stati unificati sotto il vincolo
della continuazione.