News / Giurisprudenza / Responsabilità 231
	05-03-2014
	Cassazione penale, corretta valutazione modelli 231 per i soggetti apicali
	La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 4677 del 30 
	gennaio 2014, si è pronunciata sulla corretta valutazione d’idoneità 
	dei modelli organizzativi, ex D.lgs. 231/2001, nel caso di reati 
	commessi da soggetti in posizione apicale.
	Il D.lgs. 231/2001 parte dal presupposto che un efficace 
	modello organizzativo e gestionale può essere violato (e 
	dunque il reato che si vuole scongiurare può essere commesso) solo se le 
	persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di 
	direzione dell'ente (art. 5 comma primo lett. a) abbiano operato eludendo
	fraudolentemente il modello stesso. L’ente 
	risponde non “se non impedisce” il reato, quanto, piuttosto, “se non era 
	organizzato al fine di impedire”. 
	Dunque la natura fraudolenta della condotta del soggetto apicale 
	(persona fisica) costituisce, per così dire, un indice rivelatore 
	della validità del modello, nel senso che solo una condotta 
	fraudolenta appare atta a forzarne le "misure di sicurezza" .
	Occorre dunque chiarire che cosa sia una condotta fraudolenta, essendo 
	evidente che essa non può consistere nella mera violazione delle 
	prescrizioni contenute nel modello. Ebbene lo stesso concetto di 
	frode non deve necessariamente coincidere con gli artifizi e i raggiri di 
	cui all'art. 640 c.p., non può non consistere in una condotta ingannevole, 
	falsificatrice, obliqua, subdola. La fraus legi facta di romanistica 
	memoria, ad es., comportava la strumentalizzazione di un negozio formalmente 
	lecito, allo scopo di eludere un divieto di legge. Si tratta, insomma, di 
	una condotta di "aggiramento" di una norma imperativa, non di una semplice e 
	"frontale" violazione della stessa. 
	Nel caso di specie, la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza 
	di appello che aveva assolto, sia in primo grado che in 
	appello, una società da responsabilità amministrativa 
	per reato dei suoi manager sulla base del fatto che il modello 
	organizzativo, correttamente predisposto, era stato violato, ma, come sopra 
	precisato, non basta violare le regole del modello, occorre mettere in atto 
	una frode, aggirando la norma. 
	
	La sentenza impugnata sembra, viceversa, ravvisare la condotta 
	fraudolenta nella semplice alterazione/sostituzione dei contenuti della 
	bozza elaborata dagli organi interni. Se così stanno le cose, si deve 
	giungere alla conclusione che ci si trova in presenza di un abuso (cioè 
	dell'uso distorto di un potere), non di un inganno (vale a dire di una 
	condotta fraudolenta).
	Sempre secondo la Corte, anche un modello organizzativo predisposto 
	in base a linee guida delle associazioni di categoria e 
	"validato" dal Ministero va messo alla prova, non è di per 
	sé incensurabile. Ed esonera l’Ente da responsabilità ex articolo 6, D.lgs. 
	231/2001 solo se violato con una condotta fraudolenta atta a forzarne le 
	"misure di sicurezza".