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	04-02-2014
	Cassazione penale, acque meteoriche di dilavamento
	La Cassazione, con la sentenza n. 2867 del 22 gennaio 
	2014, ha affermato che le acque meteoriche di dilavamento 
	sono distinte e diverse dalle acque reflue 
	industriali e, quindi non assimilabili alle stesse.
	Nel caso di specie, la Corte ha annullato senza rinvio 
	la sentenza di condanna impugnata per uno scarico di acque piovane 
	contaminate in assenza di autorizzazione.
	Secondo la Corte, "la nuova formulazione dell’art. 74, lett. g) 
	del d.lgs. 152\06 esclude ogni riferimento qualitativo alla 
	tipologia delle acque, dal momento che è stato eliminato dal dato normativo 
	sia il riferimento alla differenza qualitativa dalle acque reflue domestiche 
	e da quelle meteoriche di dilavamento, sia l'inciso «intendendosi per tali 
	(acque meteoriche di dilavamento) anche quelle venute in contatto con 
	sostanze o materiali, anche inquinanti, non connesse con le attività 
	esercitate nello stabilimento», di talché sembrerebbe non più 
	possibile oggi assimilare, sotto un profilo qualitativo, le due tipologie di 
	acque (reflui industriali e acque meteoriche di dilavamento) né 
	sembrerebbe possibile ritenere che le acque meteoriche di dilavamento (una 
	volta venute a contatto con materiali o sostanze anche inquinanti connesse 
	con l'attività esercitata nello stabilimento) possano essere assimilate ai 
	reflui industriali. Sembrerebbe, cioè, che data la ricordata modifica 
	legislativa, non sarebbe più possibile accomunare le acque meteoriche di 
	dilavamento e le acque reflue industriali. 
	In ogni caso va anche considerato che l’art. 113 del d.lgs. 3 aprile 
	2006, n. 152, rubricato appunto «Acque meteoriche di dilavamento e acque di 
	prima pioggia», prevede che le Regioni, «ai fini della 
	prevenzione di rischi idraulici ed ambientali», emanino una 
	disciplina delle acque meteoriche che dilavano le superfici e si 
	riversano in differenti corpi recettori".