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	18-07-2013
	Tar Lazio, Albo Gestori Ambientali e requisito iscrizioni
	Il TAR Lazio, con la sentenza n. 6857 del 10 luglio 
	2013, ha annullato le norme del Decreto ministeriale 
	406/1998 nelle parti che prevedono il diniego di iscrizione 
	e la cancellazione dall’Albo nazionale gestori ambientali ai soggetti
	condannati ad almeno un anno di reclusione per delitti 
	contro la pubblica amministrazione e altre determinate fattispecie.
	In particolare, il Tar ha accolto il ricorso ritenendo 
	fondate le censure di irragionevolezza rivolte avverso le contestate norme - 
	art. 10, c. 2, lett. f), n. 2, nonché artt. 17 e 19 - laddove dispongono il 
	diniego di iscrizione e la cancellazione dall’albo nazionale gestori 
	ambientali quali attività vincolate conseguenti all’accertamento delle 
	ipotesi preclusive di cui all’art. 10, del citato regolamento ministeriale 
	28 aprile 1998, n. 406 recante la disciplina dell’albo nazionale delle 
	imprese che effettuano la gestione dei rifiuti.
	Infatti, l’art. 10, c. 2, del Dm 406/1998, sui requisiti per l’iscrizione 
	all’albo, alla lettera f) preclude l'iscrizione a coloro 
	che: 
	1) abbiano riportato condanna passata in giudicato a 
	pena detentiva per reati previsti dalle norme a tutela dell’ambiente;
	
	2) abbiano riportato condanna passata in giudicato alla 
	reclusione per un tempo non inferiore a un anno per un 
	delitto contro la pubblica amministrazione, contro la fede pubblica, contro 
	il patrimonio, contro l’ordine pubblico, contro l’economia pubblica, ovvero 
	per un delitto in materia tributaria. 
	Secondo il Tar, "mentre la logica della prima fattispecie 
	astratta è di immediata evidenza, volendosi escludere dall’attività 
	- anche in funzione preventiva – i soggetti riconosciuti colpevoli di 
	illeciti penali contro l’ambiente, le ragioni a presidio delle ipotesi di 
	condanna di cui al n. 2 non appaiono chiare".
	La predetta ipotesi regolamentare di preclusione appare, pertanto,
	contraria non soltanto alle esigenze di ragionevolezza 
	dell’organizzazione amministrativa, ma altresì al principio di 
	uguaglianza sostanziale laddove, definendo i casi di esclusione 
	dall’albo per ragioni di moralità, equipara a coloro che hanno commesso 
	reati contro l’ambiente i soggetti che sono stati dichiarati colpevoli di 
	illeciti penali per fatti che nulla hanno a che vedere con la tutela 
	ambientale e, al tempo stesso, consente l’iscrizione a soggetti che abbiano 
	commesso delitti in fattispecie di maggiore gravità e di maggior rilievo per 
	l’opinione pubblica (ad esempio, i delitti contro la persona).
	Ma "ancora più irragionevole" risulta la norma nella parte in cui 
	fa salva la sospensione condizionale della pena e la 
	riabilitazione, quali ipotesi di non applicabilità della norma preclusiva ai 
	fini dell’iscrizione all’Albo, mentre non sono considerate 
	altre fattispecie che producono gli stessi effetti come l’indulto.