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Corte Costituzionale - Rifiuti - Regione Puglia - Smaltimento di rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi provenienti dal territorio extraregionale
ANNO 2009
REPUBBLICA
ITALIANA
IN NOME DEL
POPOLO ITALIANO
LA CORTE
COSTITUZIONALE
composta dai
signori:
-
- Francesco
AMIRANTE
Giudice
- Paolo
MADDALENA
"
- Alfio
FINOCCHIARO
"
- Alfonso
QUARANTA
"
- Franco
GALLO
"
- Luigi
MAZZELLA
"
- Gaetano
SILVESTRI
"
- Sabino
CASSESE
"
-
- Giuseppe
TESAURO
"
-
- Giuseppe
FRIGO
"
- Alessandro
CRISCUOLO
"
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità
costituzionale dell'art. 3, comma 1, della legge della Regione
Puglia 31
ottobre 2007, n. 29
(Disciplina per lo smaltimento dei rifiuti speciali pericolosi e non
pericolosi, prodotti al di fuori della Regione Puglia, che transitano nel
territorio regionale e sono destinati a impianti di smaltimento siti nella
Regione Puglia), promossi con ordinanze del 21 febbraio 2008 dal
Tribunale
amministrativo regionale della Puglia, sezione staccata di Lecce, e del 24
aprile 2008 dal Tribunale amministrativo regionale della Puglia,
sezione prima, sui ricorsi proposti dalla
Vergine
S.r.l. ed altri contro la Regione Puglia ed altri e dalla Società Recuperi
Pugliesi S.r.l. contro la Provincia di Bari ed altra,
iscritte ai nn. 144 e 259 del registro ordinanze 2008 e pubblicate nella
Gazzetta Ufficiale della
Repubblica nn. 21 e 37, prima serie speciale, dell'anno 2008.
Visti gli atti di
costituzione della
Vergine S.r.l., del Comune di Faggiano ed altri e del Comitato “Vigiliamo
per la discarica”, della Società Recuperi Pugliesi S.r.l. e della Regione
Puglia;
udito
nell'udienza pubblica del 16 dicembre 2008 il Giudice relatore
uditi
gli avvocati Pietro Quinto per
Ritenuto
in fatto
1. – Con ordinanza
del 21 febbraio 2008 (r.o. n. 144 del 2008), il Tribunale amministrativo
regionale della Puglia, sezione staccata di Lecce, ha sollevato,
in riferimento agli articoli 117, terzo comma, 41 e 120 della Costituzione,
questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, comma 1, della legge
della Regione Puglia 31 ottobre 2007, n. 29
(Disciplina per lo smaltimento dei rifiuti speciali pericolosi e non
pericolosi, prodotti al di fuori della Regione Puglia, che transitano nel
territorio regionale e sono destinati a impianti di smaltimento siti nella
Regione Puglia).
Secondo il rimettente, la norma regionale denunciata non si
conformerebbe ai principi fondamentali posti dalla legislazione statale, con
riferimento allo smaltimento dei rifiuti speciali pericolosi e non
pericolosi, in particolare dal decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22,
recante norme di «Attuazione delle direttive 91/156/CEE sui rifiuti,
91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti
di imballaggio», il cui contenuto è stato trasfuso nel decreto legislativo 3
aprile 2006, n. 152, recante «Norme in materia ambientale», in quanto
verrebbe a porre delle limitazioni territoriali allo stesso.
1.1. – Il Tar
Puglia ha sollevato la questione di legittimità costituzionale della citata
disposizione nel corso di un giudizio promosso dalla Società Vergine S.r.l.
– titolare di una discarica di rifiuti speciali non pericolosi, operante nel
territorio del comune di Taranto – per ottenere l'annullamento di una
nota-provvedimento del Settore Ecologia ed Ambiente della Provincia di
Taranto, con la quale, secondo la ricostruzione operata dal giudice a quo,
si è vietato alla Società, in applicazione della legge regionale n. 29 del
2007, lo smaltimento in Puglia di rifiuti speciali non pericolosi
provenienti da altre Regioni.
1.2. – Quanto al
profilo della rilevanza, il giudice a quo
– data la natura
provvedimentale della richiamata nota e lo stretto collegamento esistente
tra la nuova disciplina sullo smaltimento dei rifiuti speciali e pericolosi
prodotti al di fuori della Regione Puglia, di cui alla legge regionale n. 29
del 2007, ed il contenuto dell'atto impugnato – ritiene che la decisione del
ricorso non possa prescindere dalla soluzione della questione di legittimità
costituzionale della norma censurata, regolatrice della fattispecie di cui
trattasi.
1.3. – Quindi, secondo il
rimettente, non
inciderebbe sulla questione di costituzionalità la normativa comunitaria
vigente in materia di smaltimento di rifiuti – direttiva n. 2006/12/CE del 5
aprile 2006 (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai
rifiuti) e regolamento 2006/1013/CE del 14 giugno 2006 (Regolamento
2006/1013/CE del 14 giugno 2006, relativo alla spedizione dei rifiuti) – in
quanto sia la citata direttiva che il regolamento CE, pur conferendo agli
Stati membri la facoltà di limitare la movimentazione dei rifiuti, non
contengono prescrizioni precise e di automatica esecuzione, che possano
trovare applicazione alla fattispecie oggetto del giudizio a quo.
1.4. – Quanto alla
non manifesta infondatezza, il Tar rimettente richiama – per estenderne la
portata anche al fine di risolvere l'odierno incidente di costituzionalità –
le affermazioni contenute in diverse sentenze rese dalla Corte
costituzionale in materia (sentenze n. 12 del 2007, n. 161 del 2005, n. 505
del 2002, n. 335 del 2001, n. 281 del 2000 e n. 196 del 1998), secondo cui,
in sintesi, il principio dell'autosufficienza dello smaltimento dei rifiuti
urbani non pericolosi, di cui all'art. 182, comma 5, del d.lgs. 3 aprile
2006, n. 152 –
nel quale
è stato trasfuso l'art. 5, comma 5, del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22
–
non è applicabile nei confronti dei
rifiuti pericolosi o speciali, rispetto ai quali è invece prevalente il
criterio della necessaria individuazione di impianti appropriati per la
relativa eliminazione, criterio la cui applicazione non consente di
predeterminare un ambito territoriale di smaltimento.
Pertanto, secondo il Tar, la
norma denunciata, limitando lo smaltimento di rifiuti speciali pericolosi e
non pericolosi provenienti dal territorio extraregionale alle sole ipotesi
in cui le strutture site nella regione Puglia costituiscano gli impianti di
smaltimento appropriati più vicini al luogo di produzione dei medesimi
rifiuti speciali, integra (nei termini di cui alla sentenza n. 505 del 2002)
un “divieto relativo” allo smaltimento che, sulla base della citata
giurisprudenza della Corte Costituzionale, contrasterebbe con gli artt. 117,
terzo comma, 120 e 41 della Costituzione.
Ad avviso del
rimettente, infatti, l'art. 3, comma 1, della legge regionale Puglia n. 29
del 2007, si porrebbe in contrasto con l'art. 117, terzo comma, Cost., in
quanto non rispettoso dei principi fondamentali previsti dalla legislazione
statale, ed, in particolare, dal d.lgs. n. 152 del 2006. La norma regionale
verrebbe altresì a violare l'art. 120 Cost., in quanto l'impugnata normativa
regionale determinerebbe una ingiustificata limitazione della libertà di
circolazione delle cose tra le Regioni, nonché l'art. 41 Cost., poiché la
previsione inciderebbe ingiustificatamente sia sulla posizione dei gestori
degli impianti di smaltimento, che verrebbero penalizzati dalla creazione di
ostacoli alla libera circolazione delle merci tra le Regioni, sia su quella
dei produttori di rifiuti, i quali, proprio in ragione dei predetti vincoli,
subirebbero le connesse inefficienze del servizio di smaltimento.
2. – Si è
costituita
2.1. – Con successiva memoria del 25 novembre 2008, la Società Vergine
S.r.l. ha ribadito l'illegittimità costituzionale della legge regionale per
eccesso di potere legislativo e per violazione dei principi fondamentali
previsti dalla legislazione statale. La difesa della Società sostiene che la
«mappatura» sulla cui base, secondo l'interventore
ad opponendum, nel giudizio
a quo, Comitato “Vigiliamo per la
discarica”, sarebbe astrattamente possibile rilasciare le certificazioni
richieste dalla legge regionale n. 29 del 2007 – Rapporto Rifiuti 2006 –
contiene dati insufficienti per consentire alle autorità amministrative
delle altre Regioni di provvedere alla concessione delle dette
certificazioni, stante l'assenza dell'indicazione del quantitativo
giornaliero autorizzato per ciascun impianto, dei codici CER autorizzati
(indicativi delle tipologie di rifiuti speciali trattabili) e
dell'obsolescenza dei dati del relativo documento.
Secondo
La difesa della società, sostiene, quindi, che quanto previsto dalla
legge regionale n. 29 del 2007 costituisce materia che rientra nella sfera
di competenza esclusiva dello Stato relativamente all'ambiente e,
richiamando la recente sentenza della Corte costituzionale n. 62 del 2008,
afferma che l'intervento regionale, legittimato dalla tutela di interessi
rientranti nella relativa competenza, possa avvenire solo nel rispetto dei
livelli uniformi di tutela apprestati dallo Stato, circostanza non
realizzatasi con riferimento alla normativa impugnata.
Infine, la Società deduce l'incostituzionalità della disposizione
regionale per violazione non solo dei già evocati parametri, ma anche degli
artt. 32, 117, primo comma, e 3 della Costituzione.
3. – Si è
costituita
Quanto all'inammissibilità, la difesa della Regione ritiene,
innanzitutto, che la questione sia priva della necessaria rilevanza ai fini
della definizione del giudizio a quo,
dato che la nota impugnata davanti al Tar non costituisce mera o piana
applicazione della legge regionale, oggetto del presente giudizio, la quale
non dispone affatto un divieto di smaltimento, ma prevede solamente che i
rifiuti speciali siano smaltiti nell'impianto idoneo più vicino al luogo
della loro produzione. Comunque, sempre secondo la Regione, essa sarebbe
manifestamente inammissibile per carenza di motivazione sull'effettiva
incidenza che l'intervento correttivo richiesto avrebbe sulla decisione
della controversia. Ulteriore motivo di inammissibilità deriverebbe, sempre
per la difesa regionale, dal non aver il rimettente esercitato il potere
interpretativo-applicativo, riconosciutogli dall'ordinamento, e non aver
proceduto, di conseguenza, a dare un'interpretazione della norma impugnata
conforme ai principi costituzionali.
La questione sarebbe altresì inammissibile per non avere il
rimettente correttamente specificato l'oggetto del giudizio, dato che per
individuare la norma da sottoporre alla valutazione della Corte non ci si
deve limitare al solo art. 3 della legge regionale n. 29 della 2007, ma
occorre riferirsi al combinato disposto degli artt. 2, 3 e 4 della medesima
legge, la quale, sempre secondo la difesa della Regione, non conterrebbe
alcun divieto allo smaltimento di rifiuti pericolosi o non pericolosi di
provenienza extraregionale, ma delineerebbe un sistema perfettamente
equilibrato.
In via subordinata, la difesa della Regione sostiene l'infondatezza
della questione, in quanto il regime previsto dall'art. 3 della legge
regionale n. 29 del
4. – Si sono
costituiti i Comuni di Faggiano, Fragagnano, Lizzano e Monteparano e, con
identica memoria, il Comitato “Vigiliamo per la Discarica”, tutti già parti
nel giudizio principale.
Costoro hanno, in primis,
sostenuto l'inammissibilità della questione di legittimità costituzionale
della norma impugnata per la mancata valutazione, da parte del giudice a
quo, della
conformità della stessa alle direttive n. 75/442/CEE (Direttiva del
Consiglio relativa ai rifiuti), n. 2006/12/CE del 5 aprile 2006 (Direttiva
del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai rifiuti), al regolamento
del Parlamento europeo e del Consiglio n. 2006/1013/ del 14 giugno 2006,
nonché a numerose sentenze della Corte di Giustizia. La valutazione di tali
atti avrebbe consentito al giudice a
quo, prima di rimettere la questione alla Corte, di constatare come la
disciplina regionale impugnata abbia coerentemente applicato il principio
comunitario di prossimità dello smaltimento dei rifiuti, volto a limitare la
circolazione degli stessi ed a favorirne lo smaltimento nell'impianto
appropriato più vicino al luogo di produzione.
Infine, gli stessi hanno sottolineato la conformità e coerenza della
previsione denunciata anche con i principi costituzionali (in particolare
con l'art. 117, comma terzo, Cost.), nonché con gli artt. 3-bis,
3-ter, 182 e 199 del d.lgs. n.
152 del 2006, costituendo concreta attuazione del principio di prossimità
richiamato da tale decreto legislativo.
5. – Con successiva ordinanza del 24 aprile del 2008 (r.o. n. 259 del
2008), lo stesso Tar Puglia, sezione prima, ha sollevato analoga questione
di costituzionalità della medesima norma regionale, in riferimento agli
artt. 117, secondo comma, lettera s),
41, primo comma, e 120, primo comma, della Costituzione.
La questione è stata sollevata nel corso di un giudizio (del tutto
simile a quello oggetto dell'ordinanza n. 144 del 2008) promosso dalla
Società Recuperi Pugliesi S.r.l. – operante nel settore smaltimento e
recupero rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi nella provincia di
Bari – per ottenere
l'annullamento di una nota-provvedimento del Dirigente del settore “Rifiuti”
della relativa Provincia con la quale si è vietato alla detta Società, in
applicazione della legge regionale n. 29 del 2007, lo smaltimento di rifiuti
speciali provenienti da altre Regioni.
5.1. – Il
rimettente ritiene rilevante, ai fini della definizione del giudizio
principale, la decisione sulla dedotta questione di costituzionalità, dal
momento che sussiste uno stretto collegamento tra la nuova disciplina
regionale e l'emanazione del provvedimento impugnato nel giudizio a quo,
in quanto la nuova regolamentazione rende di fatto impossibile lo
smaltimento in Puglia di rifiuti provenienti dalle altre regioni italiane:
la decisione del ricorso, pertanto, non può prescindere dalla questione di
legittimità costituzionale.
Infatti, mentre
l'applicazione dell'art. 3, comma 1, della legge regionale Puglia n. 29 del
2007, comporterebbe il rigetto del ricorso in esame, al contrario, la
dichiarazione d'incostituzionalità della norma priverebbe della sua base
legislativa il provvedimento amministrativo impugnato nel giudizio a quo.
5.2. – Anche in
questa ordinanza, il rimettente afferma, primariamente, la non
rilevanza nella presente questione di costituzionalità della normativa
comunitaria vigente in materia di smaltimento di rifiuti – direttiva n.
12/2006/CE del 5 aprile 2006 e regolamento n. 1013/2006/CE del 14 giugno
2006 – con motivazioni pressoché identiche a quelle espresse sul punto dal
Tar Puglia, sezione staccata di Lecce, nella precedente ordinanza.
5.3. – Quindi,
dopo un ampio ed analitico esame della giurisprudenza costituzionale in
tema, e sulla base di motivazioni analoghe a quelle svolte dall'altro
rimettente, il giudice a quo denuncia il contrasto dell'art. 3, comma
1, della legge regionale Puglia n. 29 del 2007 con gli artt. 117, secondo
comma, lettera s), 41, primo
comma, e 120, primo comma, della Costituzione.
La norma
denunciata violerebbe, innanzitutto, l'art. 117, secondo comma, lettera
s), Cost., in quanto invasiva
della competenza esclusiva attribuita dalla predetta norma allo Stato in
materia di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema e in quanto non sarebbe
rispettosa dei principi fondamentali previsti dalla legislazione statale.
Inoltre, la disposizione regionale censurata sarebbe in contrasto con gli
artt. 41, primo comma, e 120, primo comma, Cost.. Le motivazioni fatte
valere sono identiche a quelle svolte dall'altro rimettente nell'ordinanza
n. 144 del 2008.
6. – Si è
costituita
7.
– Si è costituita
7.1. – In prossimità dell'udienza pubblica, la difesa della Regione
Puglia ha depositato memoria con la quale insiste per una declaratoria di
(manifesta) inammissibilità e, in subordine, di (manifesta) infondatezza
della presente questione, con argomentazioni identiche a quelle svolte
nell'atto di costituzione del 3 giugno 2008, relativo alla precedente
questione.
Considerato in diritto
1. –
Il
Tribunale amministrativo regionale della Puglia, sezione staccata di Lecce,
dubita, in riferimento agli
articoli 117, terzo comma, 120 e 41 della Costituzione,
della legittimità costituzionale dell'art. 3, comma 1, della legge della
Regione Puglia 31 ottobre 2007, n. 29
(Disciplina per lo smaltimento dei rifiuti speciali pericolosi e non
pericolosi, prodotti al di fuori della Regione Puglia, che transitano nel
territorio regionale e sono destinati a impianti di smaltimento siti nella
Regione Puglia), nella parte in cui,
limitando lo smaltimento di
rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi provenienti dal territorio
extraregionale alle sole ipotesi in cui le strutture site nella regione
Puglia costituiscano gli impianti di smaltimento appropriati più vicini al
luogo di produzione dei medesimi rifiuti speciali, integra un “divieto
relativo” allo smaltimento (nei termini di cui alla sentenza n. 505 del
2002).
2. – Successivamente, con ordinanza del 24 aprile 2008 (r.o. n. 259),
la sezione prima dello stesso Tribunale amministrativo regionale della
Puglia, ha sollevato analoga questione di legittimità costituzionale della
citata norma regionale, in riferimento agli articoli 117, secondo comma,
lettera s), 120, primo comma, e
41, primo comma, della
Costituzione.
La disposizione censurata violerebbe, con identiche motivazioni di
cui alla sopra citata ordinanza, gli artt. 120, primo comma, e 41, primo
comma, della Costituzione. La stessa sarebbe, altresì, in contrasto con
l'art. 117, secondo comma, lettera s),
Cost., poiché, secondo il rimettente, invasiva della competenza esclusiva
attribuita dalla predetta norma allo Stato in materia di tutela
dell'ambiente e dell'ecosistema (nei termini di cui alla sentenza n. 161 del
2005) e non rispettosa dei principi fondamentali previsti dalla legislazione
statale in materia ambientale (ora dal decreto legislativo 3 aprile 2006, n.
152, recante “Norme in materia ambientale”).
3. – Deve essere disposta la riunione dei relativi giudizi ai fini di
una trattazione unitaria e di un'unica decisione, in quanto concernenti la
stessa disposizione e relativi a questioni del tutto analoghe.
4. – Preliminarmente, per entrambe le questioni, è da considerare che
il giudizio non può estendersi a valutare se la censurata disposizione
regionale abbia violato i parametri evocati dalla Società Vergine s.r.l. e
dalla Società Recuperi Pugliesi in aggiunta rispetto a quelli del Tar
rimettente (e cioè degli artt. 32, 117, primo comma, e 3 Cost.), in quanto,
per giurisprudenza costituzionale costante, l'oggetto del giudizio
incidentale di costituzionalità è individuato esclusivamente dall'ordinanza
di rimessione, rimanendo estraneo al giudizio stesso l'esame di ulteriori
parametri prospettati dalle parti private costituite (sentenze n. 362 e n.
325 del 2008; ordinanza n. 242 del 2006).
5. – Sempre in via preliminare e in relazione alla questione
sub r.o. n. 144 del 2008, è da
disattendere l'eccezione di inammissibilità dedotta dalla difesa dei
Comuni di Faggiano, Fragagnano, Lizzano e Monteparano e del Comitato
“Vigiliamo per la Discarica”
riguardo alla mancata valutazione, da parte del giudice a quo,
della conformità della stessa alla normativa comunitaria vigente
in materia di smaltimento rifiuti
– in
particolare con riferimento alla direttiva n. 12/2006/CE del 5 aprile 2006,
al regolamento n. 1013/2006/CE del 14 giugno 2006, alla sentenza della Corte
di giustizia CE del 9 luglio 1992, resa nella causa C-2/90, alla sentenza
della Corte di giustizia CE del 17 marzo 1993, resa nella causa C-155/91 ed
alla sentenza della Corte di giustizia Ce del 28 giugno 1994, resa nella
causa C-187/93 – avendo
il rimettente non implausibilmente ritenuto irrilevante, nella presente
questione di costituzionalità, il riferimento al diritto comunitario. Il
giudice a
quo afferma, infatti, che, in
detto ambito, tale normativa si limita «semplicemente a legittimare la
potestà degli Stati membri di limitare il movimento dei rifiuti, senza
prevedere prescrizioni dal contenuto preciso ed autoapplicativo che possano
trovare applicazione nel caso concreto».
5.1. – Sono,
altresì, da disattendere le eccezioni di inammissibilità formulate dalla
Regione.
Nell'ordinanza del
21 febbraio 2008 della sezione staccata di Lecce del Tar Puglia si riferisce
che nell'atto impugnato, dopo che era data comunicazione della pubblicazione
nel BURP della legge regionale de quo,
si affermava che in forza «della predetta Legge è vietato lo smaltimento in
Puglia dei rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi provenienti da altre
regioni se non accompagnati da una certificazione attestante l'inesistenza o
l'inoperatività di impianti più vicini al luogo di produzione del medesimo
rifiuto. Pertanto è conseguentemente vietato il conferimento in Puglia di
rifiuti speciali provenienti anche dalle Regioni Lazio, Toscana e Umbria».
Nell'ordinanza del
24 aprile 2008 della prima sezione del Tar Puglia si riferisce, parimente,
che nell'atto sottoposto al suo giudizio, dopo che era stata richiamata la
disciplina contenuta nella legge regionale n. 29 del 2007, si precisava che
«ove lo smaltimento di rifiuti speciali, presso impianti ubicati nel
territorio regionale, avvenga in violazione delle richiamate disposizioni,
si riterranno inadempiute le prescrizioni di gestione contenute nei
provvedimenti autorizzatori con conseguente comminatoria delle sanzioni
normativamente previste».
Di fronte ad
indicazioni precettive di tale tenore, è, quanto meno, non implausibile il
convincimento del giudice a quo
che, ritenendo, in entrambi i casi, l'atto amministrativo corretta
applicazione della legge regionale e ritenendo, altresì, che ogni sforzo
interpretativo per rendere la norma che doveva applicare conforme al dettato
costituzionale si infrangesse contro i limiti che il nostro ordinamento pone
all'attività ermeneutica, lo ha indotto a sollevare la questione di
legittimità costituzionale sul presupposto della sua rilevanza per la
definizione del giudizio di sua competenza.
Con riferimento,
infine, alla lamentata non corretta specificazione dell'oggetto del
giudizio, per avere i due rimettenti censurato solo l'art. 3 della legge in
esame (rectius: solo il primo
comma dell'art. 3) tralasciando di prendere in considerazione la portata
complessiva di tale normativa che richiederebbe, per essere compiutamente
compresa, di estendere l'esame anche agli artt. 2 e 4, è sufficiente, per
ritenere l'eccezione inammissibile, osservare che i rimettenti hanno
individuato nel primo comma dell'art. 3 il nucleo centrale della legge, in
quanto in esso era ravvisato il contrasto con i parametri costituzionali
invocati. In effetti, come sarà precisato nel successivo punto 11, il venir
meno della norma denunciata viene a privare le altre disposizioni regionali
evocate dalla Regione Puglia di autonoma portata regolatrice.
6. – Nel merito, la questione è fondata.
7. – Questa Corte già più volte è intervenuta sui limiti che incontra
la legislazione regionale nel disciplinare lo smaltimento dei rifiuti di
provenienza extraregionale, pervenendo ad una duplice soluzione in relazione
alla tipologia dei rifiuti in questione.
Mentre da un lato si è statuito che, alla stregua del principio di
autosufficienza stabilito espressamente, ora, dall'art. 182, comma 5, del
decreto legislativo n. 152 del 2006, ma, già in passato, affermato dall'art.
5, comma 5, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 (Attuazione delle
direttive 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e
94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio), il divieto di
smaltimento dei rifiuti di produzione extraregionale è applicabile ai
rifiuti urbani non pericolosi, dall'altro, invece, si è affermato che il
principio dell'autosufficienza locale ed il connesso divieto di smaltimento
dei rifiuti di provenienza extraregionale non possono valere né per quelli
speciali pericolosi (sentenze n. 12 del 2007, n. 62 del 2005, n. 505 del
2002, n. 281 del 2000), né per quelli speciali non pericolosi (sentenza n.
335 del 2001).
Si è, infatti, rilevato che per tali tipologie di rifiuti non è
possibile preventivare in modo attendibile la dimensione quantitativa e
qualitativa del materiale da smaltire, cosa che, conseguentemente, rende
impossibile «individuare un ambito territoriale ottimale che valga a
garantire l'obiettivo della autosufficienza nello smaltimento» (sentenza n.
335 del 2001).
8. – Con particolare riguardo al trasporto dei rifiuti, poi, questa
Corte ha escluso che le Regioni, sia ad autonomia ordinaria, sia ad
autonomia speciale, possano adottare misure volte ad ostacolare «in
qualsiasi modo la libera circolazione delle persone e delle cose fra le
Regioni» (sentenze n. 64 del 2007; n. 247 del 2006; n. 62 del 2005 e n. 505
del 2002) e ha reiteratamente ribadito «il vincolo generale imposto alle
Regioni dall'art. 120, primo comma, della Costituzione, che vieta ogni
misura atta ad ostacolare la libera circolazione delle cose e delle persone
fra le Regioni» (sentenza n. 161 del 2005).
Sulla base di tali rilievi, questa Corte ha ritenuto che numerose
disposizioni regionali, le quali vietavano lo smaltimento di rifiuti di
provenienza extraregionale diversi da quelli urbani non pericolosi, fossero
in contrasto con l'art. 120 della Costituzione, sotto il profilo
dell'introduzione di ostacoli alla libera circolazione di cose tra le
regioni, oltre che con i principi fondamentali delle norme di riforma
economico-sociale introdotti dal decreto legislativo n. 22 del 1997, e
riprodotti dal d.lgs. n. 152 del 2006.
9. – Anche se l'impugnata disposizione regionale pone allo
smaltimento di rifiuti di provenienza extraregionale un divieto non
assoluto, ma relativo – in quanto consente lo smaltimento dei rifiuti
speciali pericolosi e non pericolosi extraregionali «a condizione che quelli
siti nella regione Puglia siano gli impianti di smaltimento appropriati più
vicini al luogo di produzione dei medesimi rifiuti speciali» – non viene
meno l'illegittimità costituzionale della disposizione impugnata. Questa
Corte ha, infatti, già ritenuto che lo stabilire, da parte di una norma
regionale, un divieto sia pur relativo e non assoluto, come quello del caso
in esame, non «giustifica una valutazione diversa da quella riservata dalle
citate sentenze alle norme allora scrutinate, che imponevano un divieto
assoluto» (sentenza n. 505 del 2002).
Pertanto, l'art. 3, comma 1, della legge della Puglia n. 29 del 2007
– in quanto prevede limitazioni, seppur relative, all'introduzione di
rifiuti speciali nel territorio della regione – viola l'art. 120 della
Costituzione, il quale vieta alle Regioni di adottare provvedimenti che
siano di ostacolo alla libera circolazione delle cose.
10. – Parimenti fondata è la censura relativa alla violazione della
competenza esclusiva statale nella materia
de qua.
La disciplina dei rifiuti si colloca, per consolidata giurisprudenza
di questa Corte, nell'ambito della "tutela dell'ambiente e dell'ecosistema",
di competenza esclusiva statale ai sensi dell'art. 117, secondo comma,
lettera s), della Costituzione.
La norma regionale impugnata – prevedendo un divieto, legato a limitazioni
territoriali, allo smaltimento extraregionale dei rifiuti speciali
pericolosi e non pericolosi – viene a porsi in contrasto con quanto
stabilito dal comma 3 dell'art. 182 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (che
riproduce l'espressione precedentemente contenuta nel comma 3 dell'art. 5
del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22), che non prevede specifici divieti, pur
manifestando favore verso «una rete integrata ed adeguata di impianti» «per
permettere lo smaltimento dei rifiuti in uno degli impianti appropriati più
vicini ai luoghi di produzione o raccolta al fine di ridurre i movimenti dei
rifiuti stessi». Laddove nella disciplina statale l'utilizzazione
dell'impianto di smaltimento più vicino al luogo di produzione dei rifiuti
speciali viene a costituire la prima opzione da adottare, ma ne “permette”
anche altre, nella disciplina regionale impugnata costituisce la soluzione
obbligata. Tale divieto viene, altresì, a contrastare con lo stesso concetto
di «rete integrata di impianti di smaltimento» che presuppone una
possibilità di interconnessione tra i vari siti che vengono a costituire il
sistema integrato e non ostruzioni determinate da blocchi che impediscano
l'accesso ad alcune sue parti.
Il divieto è legittimo, per quanto in precedenza rilevato al punto
7, con riferimento ai rifiuti urbani non pericolosi in quanto è la normativa
statale che lo prevede, mentre si pone in contrasto con la Costituzione
nella parte in cui una fonte di produzione legislativa regionale lo venga a
contemplare nei confronti degli altri tipi di rifiuti di provenienza
extraregionale.
L'accoglimento della questione di legittimità costituzionale con
riferimento a questi parametri assorbe
le residue censure di illegittimità
dedotte dai rimettenti.
11. – Poiché le restanti disposizioni contenute nella legge regionale
presentano una inscindibile connessione con quella oggetto di specifica
impugnazione, la declaratoria di illegittimità costituzionale va, di
conseguenza, estesa alle restanti disposizioni contenute nella legge della
Regione Puglia n. 29 del 2007.
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
dichiara
l'illegittimità costituzionale dell'art.
3, comma 1, della legge della Regione Puglia 31 ottobre 2007, n. 29
(Disciplina per lo smaltimento dei rifiuti speciali pericolosi e non
pericolosi, prodotti al di fuori della Regione Puglia, che transitano nel
territorio regionale e sono destinati a impianti di smaltimento siti nella
Regione Puglia), nonché delle restanti disposizioni della medesima legge
regionale.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo
della Consulta, il
14 gennaio 2009.
F.to:
Depositata in
Il Cancelliere