La Corte di Cassazione, con la Sentenza n. 18024/2023, si è pronunciata sulla responsabilità del sindaco rispetto all’attività di gestione di rifiuti.
L’art. 107 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267 «Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali», ai dirigenti degli enti locali spetta la direzione degli uffici e dei servizi secondo i criteri e le norme dettati dagli statuti e dai regolamenti, che devono uniformarsi al principio per cui i poteri di indirizzo e di controllo politico-amministrativo spettano agli organi di governo, mentre la gestione amministrativa, finanziaria e tecnica è attribuita ai dirigenti mediante autonomi poteri di spesa, di organizzazione delle risorse umane, strumentali e di controllo.
A tal riguardo, la Cassazione ha chiarito che sebbene la disposizione in esame distingua tra i poteri di indirizzo e di controllo politico-amministrativo, demandati agli organi di governo degli enti locali e compiti di gestione amministrativa, finanziaria e tecnica, attribuiti ai dirigenti, cui sono conferiti autonomi poteri di organizzazione delle risorse, strumentali e di controllo, è evidente che il sindaco, una volta esercitati i poteri attribuitigli dalla legge, non può semplicemente disinteressarsi degli esiti di tale sua attività, essendo necessario, da parte sua, anche il successivo controllo sulla concreta attuazione delle scelte programmatiche effettuate; egli ha, inoltre, il dovere di attivarsi quando gli siano note situazioni, non derivanti da contingenti ed occasionali emergenze tecnico — operative, che pongano in pericolo la salute delle persone o l’integrità dell’ambiente.
Nel caso di specie, è stata riconosciuta la responsabilità del sindaco e del responsabile dell’Ufficio tecnico, in quanto omettevano, nelle circostanze di tempo indicate, di provvedere allo smaltimento dei fanghi prodotti dal depuratore comunale.
La Corte ricorda che i fanghi derivanti dal trattamento delle acque reflue (art. 127, d.lgs 3 aprile 2006, n. 152) sono sottoposti alla disciplina dei rifiuti sia nel caso di mancato trattamento nell’impianto di depurazione, sia quando il trattamento venga effettuato in luogo diverso o in modo incompleto, inappropriato o fittizio.