Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 820/2024, si è pronunciato in merito ad un Autorizzazione integrata ambientale (Aia) non preceduta da un’autorizzazione paesaggistica nonostante il sito fosse vincolato da interessi archeologici.
A tal riguardo, il Consiglio di Stato ha affermato che le normative ambientali sono rigide riguardo ai requisiti per l’emissione e il rinnovo delle AIA, proprio per garantire la protezione dell’ambiente e la salute pubblica e, pertanto, affinché un’AIA possa essere considerata sanata, deve esistere una base legale che permetta esplicitamente tale sanatoria, non individuata.
Il termine “sanatoria“, infatti, per costante giurisprudenza, si riferisce a un provvedimento amministrativo che regolarizza situazioni preesistenti non conformi alla legge al momento della loro realizzazione.
Per quanto riguarda la sanatoria di un’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA), la situazione va adeguata allo specifico contesto delle normative ambientali vigenti, atteso che una sanatoria non è ammissibile senza un esplicito fondamento normativo che la preveda.
Nel caso di specie, i giudici di Palazzo Spada hanno accolto le censure mosse contro la decisione del Tar, che aveva confermato la validità dell’autorizzazione integrata ambientale rinnovata, in quanto non nulla o inefficace e coperta da una sorta di sanatoria, nonostante la sopraggiunta applicazione di vincoli archeologici, ma per il Tar non applicabili retroattivamente alle autorizzazioni già concesse.