Cassazione penale, violazione prescrizioni autorizzazione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 11552/2023, si è pronunciata sulla fattispecie penale di violazione delle prescrizioni contenute nell’autorizzazione, ex art. 256, c. 4, dlgs 152/2006.

Il citato comma dell’articolo 256 recante “Attività di gestione di rifiuti non autorizzata” prevede la sanzione penale ...”nelle ipotesi di inosservanza delle prescrizioni contenute o richiamate nelle autorizzazioni, nonché nelle ipotesi di carenza dei requisiti e delle condizioni richiesti per le iscrizioni o comunicazioni”.

Secondo la Corte, l’art. 256, comma 4, d.lgs. n. 152 del 2006 sanziona l’inosservanza delle prescrizioni contenute nell’autorizzazione, qualunque esse siano, non operando la fattispecie alcuna distinzione tra prescrizioni relative ai rifiuti e prescrizioni relative ad altro.

La violazione di qualunque prescrizione infrange il precetto penale e ciò sul semplice rilievo che le prescrizioni (tutte) imposte con l’autorizzazione costituiscono le condizioni necessarie per garantire l’attuazione dei principi cui deve essere informata la gestione dei rifiuti (art. 208, comma 11, d.lgs. n. 152 del 2006, che richiama l’art. 178 dello stesso decreto).

E’ infatti la gestione di rifiuti nel suo complesso che costituisce attività di pubblico interesse (art. 177, comma 2, d.lgs. n. 152 del 2006) e che legittima le limitazioni alla libertà dell’iniziativa privata consentite dall’art. 41, secondo comma, Cost..

Dunque è l’intera attività di impresa che rileva, dal suo inizio fino alla sua fine, non sfuggendo alla valutazione di pubblico interesse nemmeno il quomodo ed il quando della sua cessazione (arg. ex art. 208, comma 11, lett. f, d.lgs. n. 152, cit.).

Nel caso di specie, l’imputato è stato ritenuto responsabile per aver violato le prescrizioni imposte con l’autorizzazione al trattamento delle materie prime secondarie (MPS) derivanti dall’attività di stoccaggio e frantumazione di rifiuti provenienti da lavori edili e per aver provocato, per effetto della propria attività, immissioni di polveri che avevano cagionato molestia ai numerosi vicini.

L’autorizzazione al trattamento dei rifiuti imponeva di tenere separate le diverse tipologie di MPS tramite apposite barriere e che l’imputato aveva violato tale prescrizione; in questo contesto, le modalità di stoccaggio delle MPS derivanti dalla attività di impresa costituiscono condizioni per il lecito esercizio dell’impresa stessa, non rilevando affatto la circostanza che oggetto della prescrizione non siano i rifiuti in senso stretto.


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