La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 43815/2023, si è pronunciata sul punto di campionamento del refluo industriale, al fine di accertare il reato di superamento dei parametri tabellari.
Secondo una corretta interpretazione del quinto comma dell’art. 108, d.Igs. n. 152 del 2006 al fine di accertare il reato di superamento dei parametri tabellari, il punto di campionamento del refluo industriale, va individuato nel punto di confluenza tra acque di processo ed acque di diluizione, sullo scarico proveniente dal ciclo lavorativo – industriale -, e non sullo scarico finale.
Questa è l’unica interpretazione che evita l’accertamento dopo la confluenza delle acque di processo produttivo con le acque di diluizione, con risultati non genuini: è, infatti, lo scarico proveniente dal ciclo produttivo che deve risultare nei limiti tabellari, non lo scarico finale – unito ad acque di diluizione.
In tema di inquinamento idrico, la norma sul metodo di prelievo per il campionamento dello scarico ha carattere procedimentale e non sostanziale e, dunque, non ha natura di norma integratrice della fattispecie penale, ma rappresenta il mero criterio tecnico ordinario per il prelevamento, ben potendo il giudice, tenuto conto delle circostanze concrete, motivatamente ritenere la rappresentatività di campioni raccolti secondo metodiche diverse.
In particolare, oggetto di discussione è la metodologia dell’accertamento e la natura stessa del refluo prelevato, in quanto nel caso di specie, nelle vasche di raccolta si era verificata la «confluenza tra acque di lavorazione e acque di diluizione».
Del resto, la circostanza che in occasione di precedenti controlli le vasche, che avevano la esclusiva funzione di raccogliere le acque meteoriche, fossero state invece trovate piene anche in assenza di eventi piovosi, evidenzia come le stesse fossero, verosimilmente, utilizzate per lo smaltimento di residui di prodotti chimici usati per le lavorazioni e che quindi scaricassero in fognatura anche in caso di superamento dei limiti tabellari.