Cassazione penale, procedura estintiva contravvenzioni

La Corte di Cassazione, con la Sentenza n. 5576/2023, si è pronunciata in merito alla procedura estintiva delle contravvenzioni prevista dagli artt. 318-bis e segg. del d.lgs. n. 152/2006 affermando tra l’altro la non obbligatorietà della stessa.

L’art. 318-bis, d.lgs. n. 152 del 2006, pone una precisa linea di confine di tale meccanismo estintivo rispetto alla fattispecie “premiale” prevista, dall’art. 452-decies cod. pen. (ravvedimento operoso), a beneficio degli autori dei delitti ivi previsti, definendo l’ambito di applicazione delle successive norme alle sole contravvenzioni sanzionate dal medesimo decreto n. 152, cit., a condizione che non abbiano cagionato danno o pericolo concreto e attuale di danno alle risorse ambientali, urbanistiche o paesaggistiche protette.

Il danno (o il pericolo concreto e attuale di danno) ostativo alla estinzione delle contravvenzioni in materia ambientale non si identifica con il “danno ambientale” di cui all’art. 300, d.lgs. n. 152 del 2006, potendo avere dimensioni e consistenza minori e riguardare, oltre le risorse naturali, anche quelle urbanistiche o paesaggistiche protette.

Secondo la Corte, deve pertanto essere respinta la tesi difensiva della sostanziale obbligatorietà dell’adozione, da parte dell’organo di vigilanza o della polizia giudiziaria, della procedura estintiva, in quanto riduttivamente fondata sull’interpretazione letterale dell’art. 318-ter, d.lgs. n. 152 del 2006, che, utilizzando il presente indicativo, imporrebbe l’incondizionata adozione delle prescrizioni (“l’organo di vigilanza….la polizia giudiziaria…impartisce).

Difatti, prosegue la Corte, l‘interpretazione letterale deve essere coniugata con quella sistematica, non potendosi prescindere dal presupposto applicativo dell’intera procedura chiaramente preteso dalla norma di apertura dell’intera parte VI bis: l’assenza, come detto, del danno o del pericolo di danno. Ragionare diversamente porterebbe alla conclusione della sostanziale superfluità dell’art. 318-bis, d.lgs. n. 152 del 2006.

Nel caso di specie, i legali rappresentanti di una società esercente attiva di produzione di mangimi per animali, avevano violato le prescrizioni contenute nell’autorizzazione unica ambientale apportando modifiche sostanziali allo stabilimento, installando, in particolare, la zona di macinazione in posizione diversa da quella prevista nonché un’attività di selezione sementi con punti di emissione non previsti.


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