La Corte di Cassazione, con la sentenza 15238/2023, si è pronunciata sulla natura del reato, ex art. 255 comma 3 del dlgs 152/2006, di inottemperanza alla ordinanza di rimozione dei rifiuti.
Il reato di cui all’art. 255, comma 3, del d.lgs. n. 152 del 2006 ha natura permanente e la scadenza del termine per l’adempimento non indica il momento di esaurimento della condotta, bensì l’inizio della fase di consumazione che si protrae sino al momento dell’ottemperanza all’ordine ricevuto.
La Corte ha confermato tale principio, in quanto muove dal presupposto che la natura di reato omissivo permanente della contravvenzione è individuata tenendo conto del fatto che il termine per l’adempimento di quanto indicato nell’ordinanza è fissato al solo fine di stabilire il regolare e tempestivo adempimento della prescrizione, che può essere adempiuta in modo utile, sia pure tardivo; sicché non viene meno l’obbligo di agire anche dopo la scadenza del termine.
L’art. 192 del d.lgs. n. 152 del 2006 prevede un generale divieto di abbandono di rifiuti e tale condotta è sanzionata dagli articoli 255 e 256 del medesimo decreto, analogamente a quanto disposto, dal previgente d.lgs. n. 22 del 1997, agli artt. 14, 50 e 51.
L’abbandono dei rifiuti obbliga chiunque contravvenga al divieto a provvedere alla rimozione, all’avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi. Obbligati in solido sono anche il proprietario ed i titolari di diritti reali o personali di godimento sull’area, ai quali la violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa.
Le operazioni finalizzate all’adempimento degli obblighi conseguenti alla violazione del divieto sono disposte dal sindaco con ordinanza, che contiene anche l’indicazione di un termine entro il quale provvedere.
In ordine al riparto dell’onere della prova, la Corte rileva che deve essere sempre provata la mancata ottemperanza all’ordinanza sindacale, ma che non vi è alcun onere di accertare, anche successivamente, che non vi sia stata alcun successivo adempimento del predetto ordine, in quanto tale onere incombe sull’imputato.