La Corte di Cassazione, con la Sentenza n. 45113/2022, si è pronunciata sulle condizioni affinché le materie fecali utilizzate in agricoltura siano escluse dalla disciplina dei rifiuti, ex dlgs n. 152/2006, con specifico riferimento alla pratica della fertirrigazione.
Le materie fecali sono escluse dalla disciplina dei rifiuti di cui al d.lgs. n. 152 del 2006 a condizione che provengano da attività agricola e che siano effettivamente riutilizzate nella stessa attività e la pratica della “fertirrigazione”, che sottrae il deposito delle deiezioni animali alla disciplina sui rifiuti, richiede sia l’esistenza effettiva di colture in atto sulle aree interessate dallo spandimento, sia l’adeguatezza di quantità e qualità degli effluenti e dei tempi e modalità di distribuzione al tipo e fabbisogno delle colture, sia l’assenza di dati sintomatici di una utilizzazione incompatibile con la “fertirrigazione”, quali lo spandimento di liquami lasciati scorrere per caduta a fine ciclo vegetativo.
Nel caso di specie, il Tribunale aveva ritenuto il legale rappresentante di un’azienda agricola responsabile del reato di cui all’art. 256, comma 2, dlgs n. 152 del 2006, «per aver fatto defluire in assenza delle prescritte autorizzazioni i liquidi provenienti dai paddock (nella sentenza termine impiegato per designare l’ambiente destinato alla custodia ed allo stazionamento degli animali dell’allevamento), privi di idonei sistemi di raccolta e regimentazione nel terreno circostante con evidenti ristagni», e per aver «depositato direttamente sul suolo il letame proveniente dall’allevamento».