La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 18020/2024, si è pronunciata sulla qualificazione dei materiali derivanti dall’attività di demolizione di un edificio.
L’attività di demolizione di un edificio non può essere definita un “processo di produzione” ai sensi dell’art. 184-bis, comma primo, lett. a) del D.Lgs. 152 del 2006, con la conseguenza che i materiali che ne derivano vanno qualificati come rifiuti e non come sottoprodotti.
Per la Corte, la natura dei materiali provenienti dalla demolizione di edifici difetta la prima delle condizioni richieste, riguardo l’origine del sottoprodotto, non potendo ritenere che i materiali utilizzati provengano da un «processo di produzione», sottolineando che, testualmente, il sottoprodotto deve «trarre origine», quindi provenire direttamente, da un «processo di produzione», dunque da un’attività chiaramente finalizzata alla realizzazione di un qualcosa ottenuto attraverso la lavorazione o la trasformazione di altri materiali.
Nella sentenza, comunque, si considera che una simile descrizione non possa ritenersi esaustiva, in considerazione delle molteplici possibilità offerte dalla tecnologia, tanto è vero che si è da più parti escluso, in dottrina, che il riferimento alla derivazione del sottoprodotto dall’attività produttiva comprenda le attività di consumo ed in alcuni casi, sebbene con riferimento alla disciplina previgente, si è giunti ad analoghe conclusioni per le attività di servizio, opinione però non condivisa dalla Corte.
Diversamente, quindi, per la Corte, la demolizione di un edificio, che può avvenire per motivi diversi, non è finalizzata alla produzione, bensì all’eliminazione dell’edificio stesso, non potendo assumere rilevanza la circostanza che la demolizione sia finalizzata alla realizzazione di un nuovo edificio, che non può essere considerato il prodotto finale della demolizione, in quanto tale attività non costituisce il prodromo di una costruzione, che può essere effettuata anche indipendentemente da precedenti demolizioni.
Nel caso di specie, è il Tribunale riconosceva la responsabilità per aver realizzato una stradina di cantiere utilizzando materiali da demolizione, scarti vegetali, scarti di carta e cartone.