La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 35124/2024, si è pronunciata in merito alla scusabilità dell’errore in materia di gestione rifiuti.
In alcun modo il consiglio del professionista può essere considerato elemento positivo idoneo a indurre in errore scusabile il titolare di un’impresa sulla necessità dell’autorizzazione allo svolgimento dell’attività di raccolta e trasporto di rifiuti che costituisce oggetto della propria impresa, a maggior ragione se si considera che nel caso di specie il trasporto veniva effettuato senza nemmeno il formulario di identificazione (FIR) di cui all’art. 193 d.lgs. n. 152 del 2006.
La scusabilità dell’errore deve essere commisurata al parametro del modello di agente, dell’“homo eiusdem professionis et condicionis”, sicché in alcun modo può dirsi scusabile l’errore di colui il quale intraprenda un’attività imprenditoriale per il cui esercizio è richiesta l’autorizzazione e che contestualmente ne ignori la necessità o la latitudine.
Il dubbio impone, semmai, l’astensione o comunque sollecita la adozione di informazioni qualificate presso l’amministrazione pubblica, non di certo presso un consulente privato.
Nel caso di specie, il Tribunale aveva dichiarato colpevoli gli imputati del reato di cui agli artt. 110 cod. pen., 256, comma 1, d.lgs. n. 152 del 2006 per avere effettuato la raccolta e il trasporto di numerosi rifiuti prodotti da terzi senza essere iscritti all’albo delle imprese di gestione ambientale e/o di rifiuti.