La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 15450/2023, si è pronunciata in materia di deposito temporaneo rifiuti affermando che spetta al produttore provare la sussistenza delle condizioni di liceità.
L’onere della prova relativa alla sussistenza delle condizioni di liceità del deposito cosiddetto controllato o temporaneo, fissate dall’art. 183, d.lgs. n. 152 del 2006, grava sul produttore dei rifiuti, in considerazione della natura eccezionale e derogatoria di tale deposito rispetto alla disciplina ordinaria.
Nel caso di specie, il Tribunale aveva dichiarato gli imputati responsabili del reato di cui agli artt. 110 cod. pen. e 256, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 152 del 2006 (loro ascritto perché, in concorso e nella qualità di proprietari e titolari del permesso di costruire), depositavano, in maniera incontrollata e in assenza di autorizzazione, rifiuti speciali non pericolosi, consistiti in 300 metri cubi di terre e rocce da scavo, provenienti dai lavori realizzati in forza del suddetto permesso di costruire sul terreno di proprietà dei medesimi titolari del titolo edilizio.
Peraltro, nel tentativo di ricondurre la durata del deposito delle terre e rocce da scavo entro il termine massimo di un anno, per la Corte la difesa mostra di non confrontarsi con il condivisibile orientamento giurisprudenziale secondo cui il deposito temporaneo, in tema di gestione illecita di rifiuti e nell’ipotesi in cui gli stessi superino – come nel caso di specie – il volume di 30 metri cubi, ricorre solo nel caso in cui il raggruppamento dei rifiuti e il loro deposito preliminare alla raccolta, ai fini dello smaltimento, non abbia avuto durata superiore a tre mesi.
Inoltre, in base a un consolidato orientamento di legittimità, il deposito, per poter essere considerato “temporaneo”, deve essere necessariamente realizzato presso il luogo di produzione dei rifiuti o in altro luogo, al primo funzionalmente collegato, nella disponibilità del produttore, mentre nel caso in esame, il deposito è avvenuto su terreno di proprietà degli imputati, il quale non appare funzionalmente collegato al luogo di produzione delle terre e rocce da scavo.
Pertanto, poiché il deposito di 300 mc di terre e rocce da scavo si è protratto per un periodo superiore al trimestre, ed è avvenuto in luogo diverso da quello di produzione (ed a questo non funzionalmente collegato), non può trovare applicazione nel caso di specie la disciplina legislativa in tema di deposito temporaneo, con la conseguenza che deve considerarsi illecito il suddetto deposito perché avvenuto in assenza di autorizzazione.