La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 42610/2024, si è pronunciata in merito alla collocazione di un cassone sulla pubblica via contenente rifiuti speciali affermando che non può essere configurato come deposito temporaneo.
La collocazione di un cassone sulla pubblica via esclude che possa configurarsi la figura del deposito temporaneo che, giova ricordarlo, presuppone, fra i vari requisiti, che i rifiuti siano depositati sull’“intera area su cui si svolge l’attività che ha determinato la produzione dei rifiuti” (art. 185 bis d.lgs. 152/2006).
Anche considerato che l’elaborazione giurisprudenziale ha ritenuto che per luogo di produzione del rifiuto va inteso non solo quello ove lo stesso è stato materialmente prodotto ma anche quello nella disponibilità del produttore che sia funzionalmente collegato al precedente, non si vede come il tratto della carreggiata di una strada provinciale su cui era collocato il cassone possa rientrare nel perimetro delimitato dalla previsione normativa.
Va aggiunto, in ogni caso, che l’onere di dimostrare l’esistenza del collegamento fra il luogo di stoccaggio e quello di produzione dei rifiuti incombe sulla parte privata che deduce la liceità del deposito temporaneo.
Nel caso di specie, l’imputato è stato ritenuto colpevole del reato di cui agli artt. 192 e 256 d.lgs. 152/2006 per avere effettuato attività di stoccaggio rifiuti non autorizzata avente ad oggetto materiali inerti depositati in un cassone a bordo strada su suolo pubblico, in assenza della prescritta autorizzazione, iscrizione o comunicazione ai sensi del citato decreto. In particolare si trattava di un cassone scarrabile colmo di rifiuti speciali non pericolosi provenienti da scavi e da vari cumuli di rifiuti solidi urbani.