Cassazione penale, condizioni gestione illecita rifiuti

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 28484/2024, ha riassunto e ribadito le condizioni per la configurabilità del reato di gestione illecita di rifiuti, ex art. 256, D.lgs. 152/2006.

Sintesi

In sintesi, la Corte ha ribadito che il reato di gestione illecita dei rifiuti è di natura istantanea e può configurarsi anche a fronte anche di una sola condotta illecita, purché non assolutamente occasionale, e non rileva la qualifica soggettiva del responsabile, quindi anche non imprenditore.

A tal riguardo, l’articolo 256, comma primo, del Dlgs 3 aprile 2006, n. 152, punisce “chiunque effettua una attività di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione di rifiuti in mancanza della prescritta autorizzazione, iscrizione o comunicazione”.

Reato istantaneo

La Corte ha precisato che stante la natura di illecito istantaneo della contravvenzione di cui all’art. 256, comma primo, del D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, anche, una sola condotta integrante una delle ipotesi alternative previste dalla norma ne consente il perfezionamento.

L’illecito si consuma quindi in occasione di ogni singolo trasporto effettuato da soggetto non autorizzato, posto che una continuativa ed organizzata attività abusiva di trasporti, ricorrendone gli altri presupposti, potrebbe invece integrare il ben più grave delitto di cui all’art. 260, comma 1, D.Lgs. 152/2006 (delitto di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti, ora confluito nel nuovo articolo 452-quaterdecie del Codice Penale).

Occorre tuttavia, pur sempre, che si tratti di un’attività di “gestione” di rifiuti, dalla quale deve ritenersi esclusa la “assoluta occasionalità”.

Gestione rifiuti

La Corte ha precisato che, ai fini della configurabilità del reato non rileva la qualifica soggettiva del soggetto agente escludendo infatti che si tratti di un reato “proprio” dell’imprenditore, bensì evidenziando la concreta attività posta in essere in assenza dei prescritti titoli abilitativi.

Si è quindi affermato che ove la “attività” effettivamente svolta rientri tra quelle indicate dalla norma, quand’anche posta in essere di fatto o in modo secondario o consequenziale all’esercizio di una attività primaria diversa, integra, al di fuori dell’ipotesi di assoluta occasionalità, la tipicità del reato di gestione abusiva quando sia svolta in assenza del prescritto titolo abilitativo.

Del resto, la Corte ha evidenziato come la rilevanza della “assoluta occasionalità” ai fini dell’esclusione della tipicità deriva non già da una arbitraria delimitazione interpretativa della norma, bensì dallo stesso tenore della fattispecie penale, che, punendo la “attività” di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione, concentra il disvalore d’azione su un complesso di azioni, che, pur non dovendo ricorrere congiuntamente, devono comunque essere indici di un minimum di organizzazione che ne lasci concretamente desumere la loro reiterazione così da escludere dall’orbita della rilevanza penale la condotta assolutamente estemporanea.

Indici sintomatici

In relazione all’illecita gestione sono stati posti in risalto degli indici sintomatici, quali, a titolo esemplificativo:

  • la provenienza del rifiuto da una attività imprenditoriale esercitata da chi effettua o dispone l’abusiva gestione;
  • la eterogeneità dei rifiuti gestiti;
  • la necessità di un veicolo adeguato e funzionale all’attività concretamente svolta;
  • il numero dei soggetti coinvolti nell’attività;
  • l’ingente quantità di rifiuti, denotante lo svolgimento di un’attività implicante un minimum di organizzazione necessaria alla preliminare raccolta e cernita dei materiali;
  • le caratteristiche del rifiuto, indicative di precedenti attività preliminari di prelievo, raggruppamento, cernita, deposito.

Trasporto rifiuti

Nel caso in cui il trasporto abusivo di rifiuti sia effettuato nell’ambito di attività di impresa, poi, la Corte ha affermato che anche l’occasionale attività di trasporto di rifiuti non pericolosi prodotti nell’esercizio della propria attività d’impresa richiede l’iscrizione nell’Albo nazionale gestori ambientali, sia pur nell’apposita sezione di cui all’art. 212, comma 8, D.Lgs. 152/2006 e secondo la procedura semplificata ivi descritta, che presuppone una comunicazione.

L’inadempimento di tali obblighi di comunicazione e iscrizione integra la contravvenzione di cui all’art. 256, comma 1, lett. a), D.Lgs. 152/2006, secondo cui “nelle ipotesi di trasporti occasionali o episodici di rifiuti propri non pericolosi, risponde del reato di cui all’art. 256, comma primo, D.Lgs. n. 152 del 2006, chiunque vi provveda con mezzi propri e non autorizzati, anziché attraverso imprese esercenti servizi di smaltimento iscritte all’Albo nazionale dei gestori ambientali”.

Assoluta occasionalità

Conclusivamente, per escludere la rilevanza penale della condotta è necessario che, nel caso concreto, non sia ravvisabile alcuna attività di “gestione” dei rifiuti, circostanza che è esclusa non già nel caso di condotta caratterizzata da mera “occasionalità”, bensì da “assoluta occasionalità” (come, ad esempio, nel caso di soggetto privato che provveda al trasporto di rifiuti propri da portare in discarica).

Ciò, soprattutto, ove il trasporto dei rifiuti avvenga nell’esercizio di attività di impresa.

Caso di specie

Nel caso di specie, per la Corte la sentenza impugnata risulta esente da vizi logici e si è attenuta ai principi sopra esposti nel valutare la condotta degli imputati, operanti nell’ambito di attività di impresa e trasportanti rifiuti che, per la loro quantità e natura (secondo una valutazione di merito), escludono la natura “assolutamente occasionale” del fatto.


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