La Corte di Cassazione, con la Sentenza n. 30678 del 4 agosto 2022, si è pronunciata sull’assimilazione delle acque reflue industriali alle domestiche ribadendo che deve essere dimostrata l’esistenza delle condizioni che la prevedono.
«In tema di inquinamento idrico l’assimilazione, ai fini della disciplina degli scarichi e delle autorizzazioni, di determinate acque reflue industriali alle acque reflue domestiche è subordinata alla dimostrazione della esistenza delle specifiche condizioni individuate dalle leggi che la prevedono, restando applicabili, in difetto, le regole ordinarie».
Nel caso di specie, il Tribunale ha infatti escluso la riconducibilità alla lett. c) del comma 7, art. 101, d.lgs. n. 152/2006, che presuppone un’attività di trasformazione o valorizzazione della produzione agricola, connotata dall’inserimento aziendale con carattere di normalità e complementarietà funzionale nel ciclo produttivo aziendale (deve trattarsi dedite alla coltivazione del terreno, alla silvicoltura e all’allevamento di bestiame, ai sensi delle precedenti lett. a e b del comma 7), e dall’utilizzo di materia prima lavorata proveniente in misura prevalente dall’attività di coltivazione dei terreni di cui l’impresa stessa abbia la disponibilità.
Invero, il Tribunale ha posto in evidenza, attribuendogli un dirimente rilievo, al fatto che la società riferibile ai ricorrenti avesse “come oggetto principale la produzione di energia elettrica da biogas derivante dalla fermentazione anaerobica d biomasse agricole provenienti in larga parte da soggetti terzi“.