La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 33410/2023, si è pronunciata sulla qualifica di titolare di impresa per la configurabilità della fattispecie di reato di abbandono di rifiuti, di cui all’art. 256, commi 1, lett. a), e 2, dlgs n. 152/2006.
In tema di abbandono di rifiuti, quando la fattispecie incriminatrice fa riferimento alla “titolarità” dell’impresa, non intende riferirsi solo alla persona (formalmente) iscritta nel registro delle imprese, ma anche a chi sia titolare (ed eserciti) attività (di fatto) imprenditoriali, anche se non registrate e sconosciute al Fisco.
Sicché, autore della condotta può essere tanto l’imprenditore, quanto colui che eserciti, di fatto, una delle attività indicate dagli artt. 2135 e 2195 cod. civ.:
- nel primo caso (imprenditore “formale”) è sufficiente, anche a fini di prova, la qualifica di “imprenditore” (indipendentemente dall’attività svolta dall’impresa, non essendo il reato circoscritto ai soli titolari di imprese che svolgono le attività di gestione di rifiuti di cui al comma primo dell’art. 256, comma 2, n. 152 del 2006);
- nel secondo caso (imprenditore “di fatto”) è necessario l’accertamento della riconducibilità del fatto allo svolgimento di una attività imprenditoriale e comunque non occasionale e posta in essere con un minimo di organizzazione.