La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 33993/2023, si è pronunciata sul luogo di tenuta del registro di carico e scarico rifiuti.
I registri sono tenuti presso ogni impianto di produzione (di stoccaggio, di recupero e di smaltimento di rifiuti) (comma 10 dell’art. 190 dlgs 152/2006).
Per giurisprudenza consolidata, in tema di sanzioni amministrative relative alla disciplina dei rifiuti, l’obbligo di tenuta dei registri di carico e scarico dei medesimi, dettato dall’art. 12 del d.lgs. n. 22 del 1997, (c.d. decreto Ronchi) (disposizione, per quanto qui rileva, sovrapponibile all’art. 190, t.u. ambiente) non si esaurisce nella istituzione degli stessi registri, ma comprende – come modalità integrativa del precetto di cui all’art. 12, la cui omissione si risolve in una violazione dell’obbligo di regolare “tenuta” – anche quello della custodia di essi presso l’impresa ove avviene la produzione o la raccolta o la successiva movimentazione dei rifiuti, ai fini della pronta esibizione dei registri agli organi preposti ai controlli.
E questo perché la ratio di tali precetti risiede nell’esigenza di consentire un pronto ed efficace controllo, altrimenti agevolmente eludibile, della fedeltà e tempestività delle annotazioni riportate sul registro. Difatti, solo la presenza del registro di carico e scarico presso lo stabilimento può consentire all’amministrazione di procedere alla verifica del ciclo produttivo e all’accertamento dell’esattezza delle registrazioni.
Irrilevante infatti il riferimento, da parte delle appellanti, al periodo “cuscinetto” di dieci giorni per la tenuta del registro, poiché una cosa è l’obbligo di tenuta del registro e altra cosa è l’obbligo di annotazione, anche perché, diversamente opinando, in assenza di attività concrete non vi sarebbe mai obbligo di tenuta del registro.
Nel caso di specie, secondo la Corte il Giudice di merito, uniformandosi alla giurisprudenza di legittimità, ha correttamente interpretato la normativa di riferimento e, senza ledere il principio di legalità dell’illecito amministrativo (art. 1, legge 24 novembre 1981, n. 689), ha affermato, in maniera ineccepibile, che costituisce violazione del precetto di cui all’art. 190, commi 1 e 10, sanzionato dall’art. 258, comma 2, t.u. ambiente, l’omessa tenuta del registro di carico e scarico dei rifiuti presso il luogo di produzione.
In dettaglio, per il giudice di merito l’obbligo di custodire il registro dei rifiuti presso l’impianto di produzione dei rifiuti stessi è un vero e proprio “obbligo di custodia in via stabile” che non può ritenersi adempiuto qualora il registro esista ma si trovi altrove. È evidente, che l’obbligo di mostrare il registro di carico e scarico agli organi accertatori che ne facciano richiesta implica a monte anche l’obbligo di conservazione di esso nel luogo in cui si trovano i rifiuti, giacché ammettendo che il gestore del rifiuto possa custodire altrove il registro, omettendo quindi di esibirlo al momento della richiesta, si precluderebbe alla P.A. di svolgere il doveroso controllo di sua competenza.