Cassazione civile, recupero quota depurazione acque

La Corte di Cassazione si è pronunciata in merito al recupero della quota della tariffa del servizio per la depurazione delle acque, in seguito alla sentenza della Consulta che aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 155, comma 1, del Dlgs 152/2006, nella parte in cui prevedeva che tale quota di tariffa fosse dovuta anche nel caso in cui «manchino impianti di depurazione o questi siano temporaneamente inattivi».

La Corte, con l’ordinanza n. 3044/2022 ha dato continuità al principio secondo cui “configurandosi la tariffa del servizio idrico integrato, in tutte le sue componenti, come il corrispettivo di una prestazione commerciale complessa, è il soggetto esercente detto servizio, il quale pretenda il pagamento anche degli oneri relativi al servizio di depurazione delle acque reflue domestiche, ad essere tenuto a dimostrare l’esistenza di un impianto di depurazione funzionante nel periodo oggetto della fatturazione, in relazione al quale esso pretenda la riscossione”.

Secondo la Corte, l’onere della prova circa il funzionamento dell’impianto di depurazione e gli oneri derivanti dalle attività di progettazione, realizzazione o completamento del medesimo impianto incombe, ai sensi dell’art. 2697, comma 2, cod. civ., sul convenuto, quale gestore del suddetto servizio e debitore della corrispondente prestazione nei confronti degli utenti, trattandosi di fatti impeditivi della pretesa restitutoria”.

Difatti, è “principio generale quello secondo cui il creditore di una prestazione contrattuale – nella specie, l’utente del servizio idrico – «deve provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi poi ad allegare la circostanza dell’inadempimento della controparte, mentre al debitore convenuto spetta la prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento».

Nel caso di specie, la Corte ha annullato la sentenza di appello, con rinvio ad altro giudice, ritenendo le censure degli utenti fondate, in quanto il Giudice di appello ha sovrapposto, impropriamente, l’onere di allegazione: onere soddisfatto dagli utenti avendo allegato la circostanza del cattivo funzionamento del depuratore tale da comportare la mancata fruizione del servizio, mentre l’onere di prova dell’esattezza dell’adempimento della prestazione della depurazione acque è a carico del gestore.


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