Con decreto 31 dicembre 2022 sono fissati i criteri per la determinazione dei canoni di concessione per l’utenza di acqua pubblica.
In particolare, in attuazione dell’art. 154, comma 3, del Dlgs 03/04/2006, n. 152, il decreto stabilisce i criteri generali per la determinazione, da parte delle regioni, dei canoni di concessione per l’utenza di acqua pubblica, tenendo conto dei costi ambientali e dei costi della risorsa e dell’inquinamento, conformemente al principio “chi inquina paga“.
Nella fissazione dei criteri sono stati contemperati tutti gli aspetti inerenti all’uso della risorsa idrica, alla tutela e salvaguardia del bene acqua, al soddisfacimento dei fabbisogni per i vari usi e alla sostenibilita’ economica e finanziaria.
Le regioni e le province autonome devono recepire i criteri generali (in vigore il 31/12/2022) riportati nell’allegato A nelle proprie discipline e adeguare i canoni di concessione di derivazione delle acque pubbliche.
Decreto Ministeriale 31 dicembre 2022 (Gazzetta Ufficiale)
Criteri generali per la determinazione, da parte delle regioni, dei canoni di concessione per l’utenza di acqua pubblica.
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MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE
DECRETO 31 dicembre 2022
Criteri generali per la determinazione, da parte delle regioni, dei
canoni di concessione per l’utenza di acqua pubblica. (23A01535)
(GU n.59 del 10-3-2023)
IL MINISTRO DELL’ECONOMIA
E DELLE FINANZE
di concerto con
IL MINISTRO DELL’AMBIENTE
E DELLA SICUREZZA ENERGETICA
e con
IL MINISTRO DELL’AGRICOLTURA,
DELLA SOVRANITA’ ALIMENTARE
E DELLE FORESTE
Visto il regolamento (UE) 2020/2094 del Consiglio del 14 dicembre
2020 che istituisce uno strumento dell’Unione europea per la ripresa,
a sostegno alla ripresa dell’economia dopo la crisi COVID-19;
Visto il regolamento (UE) 2021/241 del Parlamento europeo e del
Consiglio del 12 febbraio 2021 che istituisce il dispositivo per la
ripresa e la resilienza, e in particolare l’art. 4;
Visto il regolamento (UE) 2021/523 del Parlamento europeo e del
Consiglio del 24 marzo 2021, che istituisce il programma InvestEU e
che modifica il regolamento (UE) 2015/1017;
Visto il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) valutato
positivamente con decisione del Consiglio ECOFIN del 13 luglio 2021,
notificata all’Italia dal Segretariato generale del Consiglio con
nota LT161/21 del 14 luglio 2021;
Visto l’allegato riveduto della decisione di esecuzione del
Consiglio relativa all’approvazione della valutazione del PNRR
dell’Italia trasmesso dal Segretariato generale del Consiglio recante
traguardi/obiettivi, indicatori e calendari in relazione a misure e
investimenti del medesimo PNRR;
Vista la misura del PNRR M2C4 Riforma 4.2: «Misure per garantire la
piena capacita’ gestionale per i servizi idrici integrati» che «mira
a ridurre l’attuale frammentazione del numero di operatori, che al
momento ostacola un uso efficiente delle risorse idriche in alcune
parti del paese ci si attende che la riforma definisca gli incentivi
piu’ adeguati per un migliore utilizzo delle risorse idriche nel
settore agricolo, introduce un sistema di sanzioni per l’estrazione
illecita di acqua e un sistema di tariffe che rispecchia meglio ed e’
maggiormente in linea con il principio “chi inquina paga”, evitando
al contempo l’espansione dei sistemi irrigui esistenti. Le misure
devono essere adottate in cooperazione con le regioni in cui la
gestione delle risorse idriche e’ attualmente piu’ problematica»;
Visti gli obblighi di assicurare il conseguimento di traguardi
(milestone) e obiettivi (target) e degli obiettivi finanziari
stabiliti nel PNRR e in particolare:
la milestone M2C4-2 «Entrata in vigore della semplificazione
amministrativa e sviluppo di servizi digitali per i visitatori dei
parchi nazionali e delle aree marine protette» prevede, nell’ambito
della misura M2C4 riforma 4.2, entro il 30 settembre 2022, che la
legge/i regolamenti generali sui servizi idrici per un uso
sostenibile e l’incentivazione degli investimenti nelle
infrastrutture idriche devono come minimo:
ridurre la frammentazione dei diversi attori attraverso norme e
meccanismi di aggregazione per incentivare l’integrazione degli
operatori di gestione attualmente autonomi nell’operatore unico per
l’intero Ambito territoriale ottimale;
prevedere incentivi per un uso sostenibile dell’acqua in
agricoltura, in particolare per sostenere l’uso del sistema comune di
gestione delle risorse idriche (SIGRIAN) per usi irrigui collettivi e
di autoapprovvigionamento;
stabilire un sistema di prezzi regolamentati che tenga
adeguatamente conto dell’uso delle risorse ambientali e
dell’inquinamento, conformemente al principio «chi inquina paga»;
Visto il regolamento (UE) 2018/1046 del 18 luglio 2018 che
stabilisce le regole finanziarie applicabili al bilancio generale
dell’Unione, che modifica i regolamenti (UE) n. 1296/2013, n.
1301/2013, n. 1303/2013, n. 1304/2013, n. 1309/2013, n. 1316/2013, n.
223/2014, n. 283/2014 e la decisione n. 541/2014/UE e abroga il
regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012;
Visto il decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77, convertito con
modificazioni dalla legge 29 luglio 2021, n. 108, concernente
«Governance del Piano nazionale di ripresa e resilienza e prime
misure di rafforzamento delle strutture amministrative e di
accelerazione e snellimento delle procedure»;
Visto il decreto-legge 9 giugno 2021, n. 80, convertito con
modificazioni dalla legge 6 agosto 2021, n. 113, recante «Misure per
il rafforzamento della capacita’ amministrativa delle pubbliche
amministrazioni funzionale all’attuazione del Piano nazionale di
ripresa e resilienza (PNRR) e per l’efficienza della giustizia» e, in
particolare, il secondo periodo del comma 1 dell’art. 7, ai sensi del
quale «con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su
proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, si provvede alla
individuazione delle amministrazioni di cui all’art. 8, comma 1, del
decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77»;
Visto il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 9 luglio
2021 recante l’individuazione delle amministrazioni centrali titolari
di interventi previsti dal PNRR ai sensi dell’art. 8, comma 1, del
decreto-legge n. 77 del 2021, convertito con modificazioni dalla
legge n. 108 del 2021;
Visti gli obblighi di assicurare il conseguimento di target e
milestone e degli obiettivi finanziari stabiliti nel PNRR, il
principio del contributo all’obiettivo climatico e digitale (cd.
tagging), il principio di parita’ di genere, l’obbligo di protezione
e valorizzazione dei giovani e il superamento del divario
territoriale;
Visto l’art. 17 regolamento UE 2020/852 che definisce gli obiettivi
ambientali, tra cui il principio di non arrecare un danno
significativo (DNSH, «Do no significant harm») e la comunicazione
della Commissione UE 2021/C 58/01 recante «Orientamenti tecnici
sull’applicazione del principio “non arrecare un danno significativo”
a norma del regolamento sul dispositivo per la ripresa e la
resilienza»;
Visto il decreto-legge 10 settembre 2021, n. 121, convertito con
modificazioni dalla legge 9 novembre 2021, n. 156, recante
«Disposizioni urgenti in materia di investimenti e sicurezza delle
infrastrutture, dei trasporti e della circolazione stradale, per la
funzionalita’ del Ministero delle infrastrutture e della mobilita’
sostenibili, del Consiglio superiore dei lavori pubblici e
dell’Agenzia nazionale per la sicurezza delle infrastrutture stradali
e autostradali» e, in particolare, l’art. 10, comma 3, secondo cui la
notifica della decisione di esecuzione del Consiglio UE – ECOFIN
recante «Approvazione della valutazione del Piano nazionale di
ripresa e resilienza dell’Italia», unitamente al decreto del Ministro
dell’economia e delle finanze di cui al comma 2 del medesimo art. 10
«costituiscono la base giuridica di riferimento per l’attivazione, da
parte delle amministrazioni responsabili, delle procedure di
attuazione dei singoli interventi previsti dal PNRR, secondo quanto
disposto dalla vigente normativa nazionale ed europea, ivi compresa
l’assunzione dei corrispondenti impegni di spesa, nei limiti delle
risorse assegnate ai sensi del decreto di cui al comma 2»;
Visto l’art. 154, comma 3, decreto legislativo 3 aprile 2006, n.
152, come modificato dall’art. 16, comma 1, lettera a), del
decreto-legge 6 novembre 2021, n. 152, convertito con modificazioni
dalla legge 29 dicembre 2021, n. 233, recante «Disposizioni urgenti
per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e
per la prevenzione delle infiltrazioni mafiose», ai sensi del quale
«Al fine di assicurare un’omogenea disciplina sul territorio
nazionale, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di
concerto con il Ministro della transizione ecologica e con il
Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, sono
stabiliti i criteri generali per la determinazione, da parte delle
regioni, dei canoni di concessione per l’utenza di acqua pubblica,
tenendo conto dei costi ambientali e dei costi della risorsa e
dell’inquinamento, conformemente al principio “chi inquina paga”, e
prevedendo altresi’ riduzioni del canone nell’ipotesi in cui il
concessionario attui un riuso delle acque reimpiegando le acque
risultanti a valle del processo produttivo o di una parte dello
stesso o, ancora, restituisca le acque di scarico con le medesime
caratteristiche qualitative di quelle prelevate. L’aggiornamento dei
canoni ha cadenza triennale»;
Visto l’art. 117 della Costituzione;
Vista la direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del
Consiglio del 23 ottobre 2000 che istituisce un quadro per l’azione
comunitaria in materia di acque e prevede che «Gli Stati membri
tengono conto del principio del recupero dei costi dei servizi
idrici, compresi i costi ambientali e relativi alle risorse,
prendendo in considerazione l’analisi economica effettuata in base
all’allegato III e, in particolare, secondo il principio: “chi
inquina paga”», ritenendo l’analisi economica uno degli strumenti
fondamentali per agevolare un utilizzo idrico sostenibile;
Visto il regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775 «testo unico delle
disposizioni di legge sulle acque e impianti elettrici»;
Visto il decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, recante la
«definizione e l’ampliamento delle attribuzioni della conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province
autonome di Trento e Bolzano ed unificazione, per le materie ed i
compiti di interesse comune delle regioni, delle province autonome e
dei comuni, con la conferenza Stato-citta’ ed autonomie locali»;
Visto il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, recante il
«conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle
regioni ed agli enti locali, in attuazione del Capo I della legge 15
marzo 1997, n. 59», in particolare l’art. 88;
Visto il decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, recante
«Riforma dell’organizzazione del Governo, a norma dell’art. 11 della
legge 15 marzo 1997, n. 59» e successive norme di attuazione;
Visto il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, di attuazione,
tra l’altro, della direttiva 2000/60 CE, recante «norme in materia
ambientale», e successive modificazioni;
Visto in particolare l’art. 119, commi 1 e 2, del citato decreto
legislativo n. 152 del 2006 che stabiliscono «1. Ai fini del
raggiungimento degli obiettivi di qualita’ di cui al Capo I del
Titolo II della parte terza del presente decreto, le autorita’
competenti tengono conto del principio del recupero dei costi dei
servizi idrici, compresi quelli ambientali e relativi alla risorsa,
prendendo in considerazione l’analisi economica effettuata in base
all’allegato 10 alla parte terza del presente decreto e, in
particolare, secondo il principio “chi inquina paga”. 2. Entro il
2010 le autorita’ competenti provvedono ad attuare politiche dei
prezzi dell’acqua idonee ad incentivare adeguatamente gli utenti a
usare le risorse idriche in modo efficiente ed a contribuire al
raggiungimento ed al mantenimento degli obiettivi di qualita’
ambientali di cui alla direttiva 2000/60/CE nonche’ di cui agli
articoli 76 e seguenti del presente decreto, anche mediante un
adeguato contributo al recupero dei costi dei servizi idrici a carico
dei vari settori di impiego dell’acqua, suddivisi almeno in
industria, famiglie e agricoltura. Al riguardo dovranno comunque
essere tenute in conto le ripercussioni sociali, ambientali ed
economiche del recupero dei suddetti costi, nonche’ delle condizioni
geografiche e climatiche della regione o delle regioni in questione.
In particolare: a) i canoni di concessione per le derivazioni delle
acque pubbliche tengono conto dei costi ambientali e dei costi della
risorsa connessi all’utilizzo dell’acqua; b) le tariffe dei servizi
idrici a carico dei vari settori di impiego dell’acqua, quali quelli
civile, industriale e agricolo, contribuiscono adeguatamente al
recupero dei costi sulla base dell’analisi economica effettuata
secondo l’allegato 10 alla parte terza del presente decreto»;
Visto il decreto-legge 6 novembre 2021, n. 152, convertito con
modificazioni dalla legge 29 dicembre 2021, n. 233, recante
«Disposizioni urgenti per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa
e resilienza (PNRR) e per la prevenzione delle infiltrazioni
mafiose»;
Visto il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 20
luglio 2012 di «Individuazione delle funzioni dell’Autorita’ per
l’energia elettrica ed il gas attinenti alla regolazione e al
controllo dei servizi idrici, ai sensi dell’art. 21, comma 19 del
decreto-legge del 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con
modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214.» pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale – Serie generale – n. 231 del 3 ottobre
2012;
Visto il decreto ministeriale 24 febbraio 2015, n. 39 «Regolamento
recante i criteri per la definizione del costo ambientale e del costo
della risorsa per i vari settori d’impiego dell’acqua», pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale – Serie generale – n. 81 dell’8 aprile 2015;
Visto il decreto ministeriale 31 luglio 2015 recante «Linee guida
per regolamentazione da parte delle regioni e delle Province autonome
di Trento e Bolzano delle modalita’ di quantificazione dei volumi
idrici ad uso irriguo»;
Considerato che e’ necessario stabilire i principi ed i criteri per
assicurare un’omogenea disciplina nazionale per la determinazione dei
canoni di concessione, in attuazione di quanto previsto dall’art.
154, comma 3, del decreto legislativo n. 152 del 2006;
Considerato che ai sensi dell’art. 9 della direttiva 2000/60/CE e
dell’art. 119 del decreto legislativo n. 152/2006 e’ necessario
approntare un’adeguata politica dei prezzi dell’acqua che incentivi
un uso razionale delle risorse e contribuisca in tal modo sia al
perseguimento degli obiettivi ambientali che ad un adeguato
contributo al recupero dei costi dei servizi a carico dei diversi
settori di impiego dell’acqua, tenendo conto del principio «chi
inquina paga»;
Considerato che il canone di concessione di derivazione d’acqua
rappresenta uno strumento per l’internalizzazione e la copertura dei
costi ambientali e della risorsa secondo il principio chi inquina
paga;
Ritenuto che nella fissazione dei criteri per la determinazione
dello stesso occorre contemperare tutti gli aspetti inerenti all’uso
della risorsa idrica, alla tutela e salvaguardia del bene acqua, al
soddisfacimento dei fabbisogni per i vari usi e alla sostenibilita’
economica e finanziaria;
Acquisito il concerto del Ministro dell’ambiente e della sicurezza
energetica e del Ministro dell’agricoltura, della sovranita’
alimentare e delle foreste;
Acquisito il parere della Conferenza Stato-regioni nella seduta del
21 dicembre 2022, ai sensi del decreto legislativo 28 agosto 1997, n.
281;
Decreta:
Art. 1
Criteri per la determinazione dei canoni di concessione di
derivazione d’acqua per i diversi usi
1. In attuazione del disposto di cui all’art. 154, comma 3, del
decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, al fine di assicurare
un’omogenea disciplina sul territorio nazionale, sono stabiliti i
criteri generali per la determinazione, da parte delle regioni, dei
canoni di concessione per l’utenza di acqua pubblica, tenendo conto
dei costi ambientali e dei costi della risorsa e dell’inquinamento,
conformemente al principio «chi inquina paga».
2. I criteri generali, di cui al comma 1, sono riportati
nell’allegato A «Criteri generali per la determinazione dei canoni di
concessione per l’utenza di acqua pubblica» che e’ parte integrante
del presente decreto.
3. I criteri riportati nell’allegato A, mediante i quali le regioni
e le province autonome adegueranno i canoni di concessione di
derivazione delle acque pubbliche recependoli nelle proprie
discipline, entreranno in vigore il 31 dicembre 2022.
Art. 2
Clausola di salvaguardia
1. Le disposizioni del presente decreto sono applicabili nelle
regioni a statuto speciale e nelle Province autonome di Trento e di
Bolzano compatibilmente con i rispettivi statuti e con le relative
norme di attuazione.
Art. 3
Entrata in vigore
Il presente decreto sara’ trasmesso ai competenti organi di
controllo e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
italiana.
Roma, 31 dicembre 2022
Il Ministro dell’economia
e delle finanze
Giorgetti
Il Ministro dell’ambiente
e della sicurezza energetica
Pichetto Fratin
Il Ministro dell’agricoltura,
della sovranita’ alimentare
e delle foreste
Lollobrigida
Registrato alla Corte dei conti il 27 febbraio 2023
Ufficio di controllo sugli atti del Ministero dell’economia e delle
finanze, reg. n. 203
Allegato A
Criteri generali per la determinazione dei canoni di concessione per
l’utenza di acqua pubblica
Premessa
L’acqua e’ bene pubblico, ovvero e’ un bene appartenente al
demanio necessario, destinata al soddisfacimento di una funzione
pubblica, e puo’ formare oggetto di diritti a favore di terzi, solo
nei modi e nei limiti stabiliti da leggi specifiche (Cassazione,
Sezione II, sentenza 17 marzo 1998, n. 2844). L’attribuzione ai
privati di diritti di godimento sui beni del demanio idrico si
realizza attraverso provvedimenti unilaterali di concessione dietro
il pagamento di un canone. Questa prestazione economica, dotata di
una tutela rinforzata di stampo pubblicistico, essendo calcolato
sulla base dei moduli d’acqua prelevata (1 modulo = 100 l/s), non
soddisfa appieno il principio di attuazione di una politica dei
prezzi che razionalizzi il consumo, ovvero che sia fattore di
contenimento della domanda in modo da contribuire a ridurre la
pressione sulle risorse idriche come sancito dalla direttiva
2000/60/CE (Direttiva quadro acque – DQA), che rappresenta la norma
quadro per le politiche di gestione della risorsa idrica in Europa.
La direttiva 2000/60/CE ha, tra i suoi principali obiettivi, la
prevenzione e la riduzione dell’inquinamento, la promozione di un
utilizzo sostenibile della risorsa, la protezione dell’ambiente,
nonche’ la mitigazione degli effetti delle inondazioni e della
siccita’.
La DQA poneva l’anno 2010 (disposizione trasposta nel nostro
ordinamento all’art. 119 del decreto legislativo n. 152/2006) come
termine entro il quale gli SM avrebbero dovuto adottare politiche dei
prezzi dell’acqua che incentivassero gli utenti ad usare le risorse
in modo efficiente, contribuendo con cio’ al perseguimento degli
obiettivi ambientali e ad un adeguato contributo al recupero del
costo dei servizi a carico dei diversi settori di impiego dell’acqua,
tenendo conto del principio «chi inquina paga».
In particolare, l’art. 9 della DQA prevede che gli «Stati membri
provvedono … a:
che le politiche dei prezzi dell’acqua incentivino
adeguatamente gli utenti a usare le risorse idriche in modo
efficiente e contribuiscano in tal modo agli obiettivi ambientali
della presente direttiva;
un adeguato contributo al recupero dei costi dei servizi idrici
a carico dei vari settori di impiego dell’acqua, suddivisi almeno in
industria, famiglie e agricoltura, sulla base dell’analisi economica
effettuata secondo l’allegato III e tenendo conto del principio “chi
inquina paga”.».
Sostanzialmente la DQA introduce un nuovo approccio nella
gestione della risorsa idrica, gli indicatori economici entrano in un
processo di valutazione integrato, finalizzato a supportare il
processo decisionale sia con riferimento alle misure infrastrutturali
che, soprattutto, a quelle finalizzate alla riduzione dei prelievi e
alla riduzione dei carichi inquinanti. La DQA afferma che gli
obiettivi di qualita’ dei corpi idrici possano conseguirsi anche
attraverso l’attuazione di una politica dei prezzi che disincentivi
lo spreco, ovvero che sia fattore di contenimento della domanda e
conseguente riduzione della pressione sui corpi idrici con effetti
favorevoli sull’uso e l’inquinamento. Come confermato dalla
comunicazione interpretativa della Commissione europea COM (2000) 477
(Politica di tariffazione per una gestione piu’ sostenibile delle
risorse idriche) del 26 luglio 2000, che promuove la politica dei
prezzi quale mezzo per garantire un uso piu’ sostenibile delle
risorse idriche ed il recupero dei costi dei servizi idrici
nell’ambito di ogni specifico settore economico.
Inoltre, in ragione di quanto stabilito nell’allegato riveduto
della decisione di esecuzione del Consiglio relativa all’approvazione
della valutazione del Piano per la ripresa e la resilienza
dell’Italia, sulla base della proposta della Commissione COM(2021)
344 del 22 giugno 2021, ed in particolare per quanto riguarda la
Missione 2 Componente 4 «Tutela del territorio e della risorsa
idrica», in ottemperanza alla Riforma 4.2 «Misure per garantire la
piena capacita’ gestionale per i servizi idrici integrati» Misura
M2C4-2, entro settembre 2022, devono essere emanate riforme e
regolamenti generali sui servizi idrici per un uso sostenibile e
l’incentivazione degli investimenti nelle infrastrutture idriche che
devono come minimo:
a) Ridurre la frammentazione dei diversi attori attraverso
norme e meccanismi di aggregazione per incentivare l’integrazione
degli operatori di gestione attualmente autonomi nell’operatore unico
per l’intero ambito territoriale ottimale (Disposizione inserita nel
decreto-legge 6 novembre 2021, n. 152, coordinato con la legge di
conversione 29 dicembre 2021, n. 233 – art. 22, comma 1-quinquies);
b) Prevedere incentivi per un uso sostenibile dell’acqua in
agricoltura, in particolare persostenere l’uso del sistema comune di
gestione delle risorse idriche (SIGRIAN) per usi irrigui collettivi e
di autoapprovvigionamento (Disposizione inserita nel decreto-legge 6
novembre 2021, n. 152, coordinato con la legge di conversione 29
dicembre 2021, n. 233 – art. 16, comma 1, lettera b));
c) Stabilire un sistema di prezzi regolamentati che tenga
adeguatamente conto dell’uso delle risorse ambientali e
dell’inquinamento, conformemente al principio «chi inquina paga»
(Disposizione inserita nel decreto-legge 6 novembre 2021, n. 152,
coordinato con la legge di conversione 29 dicembre 2021, n. 233 –
art. 16, comma 1, lettera a)).
Pertanto, allo scopo di dare attuazione alle disposizioni della
DQA nel rispetto dei principi dalla stessa sanciti e adempiere al
punto c) sopra citato, e’ urgente operare un’armonizzazione dei
principi e dei criteri di riferimento per la determinazione dei
canoni di concessione di derivazione d’acqua per i vari usi, ed
emanare il presente provvedimento ai sensi dell’art. 154, comma 3,
del decreto legislativo n. 152/2006.
La normativa nazionale di riferimento
A livello nazionale, l’art. 119 del decreto legislativo n.
152/2006 sancisce:
1. Ai fini del raggiungimento degli obiettivi di qualita’ di
cui al Capo I del Titolo II della parte terza del presente decreto,
le autorita’ competenti tengono conto del principio del recupero dei
costi dei servizi idrici, compresi quelli ambientali e relativi alla
risorsa, prendendo in considerazione l’analisi economica effettuata
in base all’allegato 10 alla parte terza del presente decreto e, in
particolare, secondo il principio «chi inquina paga».
2. Entro il 2010 le autorita’ competenti provvedono ad attuare
politiche dei prezzi dell’acqua idonee ad incentivare adeguatamente
gli utenti a usare le risorse idriche in modo efficiente ed a
contribuire al raggiungimento ed al mantenimento degli obiettivi di
qualita’ ambientali di cui alla direttiva 2000/60/CE nonche’ di cui
agli articoli 76 e seguenti del presente decreto, anche mediante un
adeguato contributo al recupero dei costi dei servizi idrici a carico
dei vari settori di impiego dell’acqua, suddivisi almeno in
industria, famiglie e agricoltura. Al riguardo dovranno comunque
essere tenute in conto le ripercussioni sociali, ambientali ed
economiche del recupero dei suddetti costi, nonche’ delle condizioni
geografiche e climatiche della regione o delle regioni in questione.
In particolare: a) i canoni di concessione per le derivazioni delle
acque pubbliche tengono conto dei costi ambientali e dei costi della
risorsa connessi all’utilizzo dell’acqua; b) le tariffe dei servizi
idrici a carico dei vari settori di impiego dell’acqua, quali quelli
civile, industriale e agricolo, contribuiscono adeguatamente al
recupero dei costi sulla base dell’analisi economica effettuata
secondo l’allegato 10 alla parte terza del presente decreto.
3. Nei piani di tutela di cui all’art. 121 sono riportate le
fasi previste per l’attuazione delle disposizioni di cui ai commi 1 e
2 necessarie al raggiungimento degli obiettivi di qualita’ di cui
alla parte terza del presente decreto.
3-bis. Fino all’emanazione del decreto di cui all’art. 154,
comma 3, il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e
del mare e le regioni, mediante la stipulazione di accordi di
programma ai sensi dell’art. 34 del testo unico delle leggi
sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18
agosto 2000, n. 267, possono determinare, stabilendone l’ammontare,
la quota parte delle entrate dei canoni derivanti dalle concessioni
del demanio idrico nonche’ le maggiori entrate derivanti
dall’applicazione del principio «chi inquina paga» di cui al comma 1
del presente articolo, e in particolare dal recupero dei costi
ambientali e di quelli relativi alla risorsa, da destinare al
finanziamento delle misure e delle funzioni previste dall’art. 116
del presente decreto e delle funzioni di studio e progettazione e
tecnico-organizzative attribuite alle autorita’ di bacino ai sensi
dell’art. 71 del presente decreto.
Il successivo art. 154 del decreto legislativo n. 152/2006, cosi’
come modificato dall’art. 16, comma 1, lettera a), legge n. 233 del
2021, prevede, al comma 3, che «Al fine di assicurare un’omogenea
disciplina sul territorio nazionale, con decreto del Ministro
dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della
transizione ecologica e con il Ministro delle politiche agricole
alimentari e forestali, sono stabiliti i criteri generali per la
determinazione, da parte delle regioni, dei canoni di concessione per
l’utenza di acqua pubblica, tenendo conto dei costi ambientali e dei
costi della risorsa e dell’inquinamento, conformemente al principio
“chi inquina paga”, e prevedendo altresi’ riduzioni del canone
nell’ipotesi in cui il concessionario attui un riuso delle acque
reimpiegando le acque risultanti a valle del processo produttivo o di
una parte dello stesso o, ancora, restituisca le acque di scarico con
le medesime caratteristiche qualitative di quelle prelevate.
L’aggiornamento dei canoni ha cadenza triennale».
Il decreto n. 29 del 13 febbraio 2017 della ex DG STA del MITE,
prescrive che le derivazioni siano assoggettate ad una accurata
valutazione dell’impatto sui singoli elementi di qualita’
caratterizzanti lo stato (e l’obiettivo) di qualita’ presente nel
corpo idrico esaminato, al fine di valutarne l’eventuale scadimento
di classe, attraverso una prima fase di screening ed una seconda fase
di dettaglio, in cui tutti gli elementi di qualita’ (idrologici,
idromorfologici, biologici, chimici) sono analizzati, verificandone
l’eventuale scadimento. Gli impatti attesi vengono poi confrontati
con il valore ambientale dei corpi idrici interessati, determinando,
cosi’, il rischio ambientale generato dalla derivazione.
I principi generali
Le utenze di acqua pubblica, legittimate al prelievo
dall’autorita’ competente (regione o provincia) mediante un
provvedimento concessorio, sono sottoposte al pagamento di un canone
annuo. Infatti, a fronte del prelievo, la disciplina nazionale in
materia di utilizzo dell’acqua, riconducibile in primis al testo
unico 1775/1933, prevede il pagamento di un canone di concessione
quale corrispettivo per la concessione di derivazione d’acqua.
Il canone di concessione e’:
commisurato alla portata prelevata (modulo = 100 l/s. Per il
solo uso di produzione di forza motrice, il canone e’ commisurato al
kilowattora – Kw);
diversificato in base ai diversi usi, identificati ai sensi
dell’art. 6 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775 di
«Approvazione del testo unico delle disposizioni di legge sulle acque
e sugli impianti elettrici» in base alla disciplina emanata dalle
regioni per effetto del conferimento di funzioni e compiti operato
dal decreto legislativo n. 112/1998:
potabile;
industriale;
irriguo;
forza motrice (idroelettrico);
ittiogenico;
antincendio;
igienico;
altro.
A seguito del trasferimento delle competenze in materia di
demanio idrico dallo Stato alle regioni, iniziato con il decreto del
Presidente della Repubblica n. 616/1977 e conclusosi con il decreto
legislativo n. 112/1998, l’adeguamento dei canoni e il relativo
incasso spetta alle regioni, sia ordinarie che a statuto speciale, e
alle Province autonome di Trento e Bolzano.
All’attualita’, si hanno canoni differenti da regione a regione e
occorre che tale differenziazione sia maggiormente rispondente,
secondo i principi e i criteri che si vogliono definire con il
presente decreto, ad un processo valutativo delle realta’
territoriali di riferimento, siano esse idrologiche, idrauliche,
ambientali, morfologiche, economiche ecc.
Con l’entrata in vigore del decreto legislativo 152 del 2006 di
recepimento della direttiva 2000/60/CE, all’art. 154, comma 3, e’
stato previsto, al fine di assicurare un’omogenea disciplina sul
territorio nazionale, che sia emanato un decreto, su proposta del MEF
di concerto con il MASE e con il MASAF, in cui siano stabiliti i
criteri generali per la determinazione da parte delle regioni, dei
canoni di concessione per l’utenza di acqua pubblica, nel rispetto
dei principi del «full cost recovery» (FCR) (di cui al comma 1 del
medesimo articolo, all’art. 119 del decreto legislativo n. 152/2006 e
all’art. 9, comma 1, della DQA), del «chi inquina paga» e del
principio dell’efficienza nell’utilizzo della risorsa idrica sanciti
dalla DQA, in modo da garantire, coerentemente con quanto previsto
dal citato comma 3 dell’art. 154, riduzioni del canone nei casi in
cui il concessionario attui un riuso delle acque a valle del processo
produttivo o di una parte dello stesso o, ancora, restituisca le
acque di scarico con le medesime caratteristiche qualitative di
quelle prelevate.
Il principio del full cost recovery implica che siano coperti
attraverso il contributo dei diversi utilizzatori della risorsa tutti
i costi generati dall’utilizzo, siano essi finanziari, ambientali e
della risorsa. Il concetto di full cost recovery non deve essere
letto in maniera assoluta come copertura integrale di tutti i costi
esistenti ma come copertura di tutti quei costi che risultano
sostenibili ed efficienti, come determinato dall’analisi economica
dei piani di gestione, assicurando quindi un adeguato contributo al
recupero dei costi e non la loro copertura totale.
Il principio del chi inquina paga prevede che ogni utilizzatore
della risorsa contribuisca, sulla base delle pressioni e degli
impatti esercitati sulla stessa, alla copertura del costo generato.
Il principio dell’efficienza nell’utilizzo della risorsa prevede
che sia determinato un meccanismo di premialita’ – penalita’ mediante
il quale sia incentivato l’utilizzo razionale della risorsa.
In ottemperanza a quanto sancito dall’art. 9 della DQA, il
conseguimento di tali principi deve essere garantito anche mediante
un’adeguata politica dei prezzi, alla quale deve concorrere anche il
canone di concessione. Nel merito, si richiama quanto sancito dal
decreto ministeriale n. 39/2015, che individua nel canone di
concessione una delle leve finanziarie per il recupero dei costi
ambientali e della risorsa.
Sono altresi’ principi fondamentali della materia, di cui si
tiene conto, quelli della onerosita’ della concessione e della
proporzionalita’ del canone alla entita’ dello sfruttamento della
risorsa pubblica e all’utilita’ economica che il concessionario ne
ricava (Corte costituzionale sentenze n. 85/2014 e n. 158/2016).
Pertanto, in sintesi, l’individuazione dei criteri generali per
la disciplina di determinazione dei canoni di derivazione risponde
all’esigenza di:
dare attuazione a specifiche disposizioni normative (articoli
119 e 154 del decreto legislativo n. 152/2006);
armonizzare a livello nazionale i principi e i criteri alla
base della disciplina di determinazione dei canoni;
rendere la modalita’ di adeguamento dei canoni rispondente
compiutamente ai requisiti imposti dalla direttiva 2000/60/CE;
applicare una politica dei prezzi dell’acqua che ne incentivi
un uso razionale ed efficiente (art. 9 della direttiva 2000/60/CE);
applicare il principio del recupero dei costi, compresi quelli
ambientali e della risorsa (art. 9 della direttiva 2000/60/CE,
articoli 119 e 154 del decreto legislativo n. 152/2006), secondo il
principio chi inquina paga.
La DQA in tema di politiche dei prezzi dell’acqua:
afferma che anche attraverso un’adeguata politica dei prezzi e’
possibile favorire il raggiungimento degli obiettivi di salvaguardia,
tutela e miglioramento della qualita’ dell’ambiente e della risorsa e
conseguire un’utilizzazione accorta e razionale di questa;
dispone che la struttura dei prezzi sia applicata valutando gli
effetti che ne conseguono in termini di sostenibilita’. La
sostenibilita’ rappresenta un equilibrio tra la necessita’ di non
lasciare insoddisfatta la domanda di acqua con quella di non
incoraggiare modelli insediativi e produttivi eccessivamente
idroesigenti, depauperativi e/o fortemente impattanti o che
richiedano costi eccessivi per l’approntamento dei relativi servizi e
degli interventi di tutela e/o ripristino e mantenimento ambientale;
impone che vi sia una stretta correlazione tra il risultato
dell’analisi delle pressioni e degli impatti e le misure necessarie a
colmare il gap esistente tra lo stato del corpo idrico e il
raggiungimento dell’obiettivo di qualita’, privilegiando le misure
piu’ idonee ed efficienti in termini di costi volte a garantire che
le acque raggiungano un buono stato, in modo da risolvere il divario
prestazionale persistente.
Poiche’ il canone di concessione di derivazione d’acqua
rappresenta il primo strumento finanziario per l’internalizzazione e
la copertura dei costi ambientali e della risorsa secondo il
principio chi inquina paga, nella fissazione dei criteri per la
determinazione dello stesso occorre contemperare tutti gli aspetti
inerenti all’uso della risorsa idrica, dalla tutela e salvaguardia
del bene, dal soddisfacimento dei fabbisogni per i vari usi, fino
alla sostenibilita’ economica e finanziaria.
Il canone di derivazione e’ lo strumento amministrativo che
attribuisce un controvalore monetario alla risorsa idrica e pertanto
deve contribuire alla copertura dei costi ambientali e della risorsa
mediante la concorrenza al finanziamento delle misure, individuate
dai piani di gestione delle acque, come previsto dal decreto
ministeriale n. 39/2015 quale costi ambientali e della risorsa.
I principi e i criteri definiti nel presente provvedimento devono
garantire, nel rispetto degli obblighi ed obiettivi fissati dalla
direttiva 2000/60/CE, anche il principio dell’invarianza della
finanza regionale.
In sintesi, nel rispetto della normativa vigente, e’ necessario
che i canoni siano determinati tenendo conto:
a) ai sensi degli articoli 119 e 154 del decreto legislativo n.
152/2006:
delle pressioni e degli impatti che l’uso genera sul corpo
idrico interessato;
delle pressioni e degli impatti sul corpo idrico recettore
delle restituzioni puntuali;
delle caratteristiche quantitative e qualitative del corpo
idrico oggetto di prelievo;
della quantita’ e della qualita’ dell’acqua restituita
rispetto a quella prelevata;
degli usi a cui la risorsa e’ destinata;
b) coerentemente a quanto sancito dall’art. 9 del testo unico
1775/1933, cosi’ come modificato dall’art. 96, comma 2, del decreto
legislativo n. 152/2006:
dell’attuale livello di soddisfacimento delle esigenze
essenziali dei concorrenti anche da parte dei servizi pubblici di
acquedotto o di irrigazione e la prioritaria destinazione delle
risorse qualificate all’uso potabile;
delle effettive possibilita’ di migliore utilizzo delle fonti
in relazione all’uso;
delle caratteristiche quantitative e qualitative del corpo
idrico oggetto di prelievo;
della quantita’ e della qualita’ dell’acqua restituita
rispetto a quella prelevata;
c) Ai sensi dell’art. 12-bis del testo unico 1775/1933, comma
3, cosi’ come modificato dall’art. 96 del decreto legislativo n.
152/2006:
della necessita’ di prevedere la triplicazione del canone di
concessione, qualora le acque di qualita’ o comunque riservate al
consumo umano siano concesse ad usi diversi dal potabile.
Infine, va considerato che, ai sensi dell’art. 119 della
Costituzione, in particolare del comma 1 e del comma 6, per il
rispetto dell’equilibrio di bilancio «I comuni, le province, le
citta’ metropolitane e le regioni hanno autonomia finanziaria di
entrata e di spesa, nel rispetto dell’equilibrio dei relativi
bilanci, e concorrono ad assicurare l’osservanza dei vincoli
economici e finanziari derivanti dall’ordinamento dell’Unione
europea».
Criteri per la determinazione del canone
Ai sensi dell’art. 9 della DQA e degli articoli 119 e 154 del
decreto legislativo n. 152/2006, al fine di incentivare un uso
razionale della risorsa e concorrere al conseguimento degli obiettivi
di qualita’ previsti dalla medesima direttiva, il canone di
concessione, definito per ogni uso, deve essere determinato, fatte
salve le disposizioni delle regioni a statuto speciale e delle
Province autonome di Trento e Bolzano ove compatibili con la
normativa eurounitaria, tenendo conto:
della quantita’ d’acqua prelevata (fattore di proporzionalita’)
e della quantita’ e qualita’ di risorsa restituita (art. 9 del regio
decreto 11 dicembre 1933, n. 1775 come modificato dall’art. 96 del
decreto legislativo n. 152/2006);
delle variabili che sintetizzano aspetti che influiscono sul
raggiungimento degli obiettivi della DQA (fattore correttivo), come
di seguito definiti.
Nella determinazione del fattore correttivo occorre tener conto
almeno:
a) del rischio correlato alla derivazione di non raggiungimento
degli obiettivi ambientali, cosi’ come definito dalle direttive
emanate dalle autorita’ di bacino distrettuali in applicazione del DD
29/2017;
b) dell’impatto che la restituzione puntuale a valle dell’uso
esercita sul corpo idrico ricettore, in termini di eventuale ostacolo
al raggiungimento o al mantenimento degli obiettivi ambientali;
c) della sussistenza di rilasci atti a garantire portate
maggiori rispetto a quelle necessarie a garantire il deflusso
ecologico a valle della derivazione stessa e di altre eventuali
esternalita’ positive.
Per le nuove concessioni di derivazione il canone di derivazione
dovra’ tener conto di quanto sopra specificato.
Per le concessioni di derivazione in essere e fino al rinnovo
delle stesse, per l’adeguamento del canone di concessione le regioni
provvederanno mediante un processo di avvicinamento graduale a quanto
previsto per le nuove concessioni, individuando tra i parametri
previsti dal medesimo decreto quelli maggiormente confacenti alle
derivazioni in essere e quindi immediatamente applicabili.
Criteri specifici per la determinazione del canone di concessione per
alcune tipologie di uso
Uso potabile
L’acqua e’ un bene primario essenziale alla vita e, pertanto,
secondo la normativa nazionale, l’uso potabile e’ prioritario
rispetto agli altri usi. Infatti, l’utilizzo di risorse prelevate da
sorgenti o falde, o comunque riservate all’uso potabile, potranno
essere destinate ad altri usi solo nei casi tassativamente previsti
dalla normativa di settore (art. 12-bis del testo unico 1775/1933).
L’uso della risorsa idrica a scopo potabile richiede il rispetto
di parametri di potabilita’ stabiliti all’attualita’ dal decreto
legislativo n. 31/2001 e successive modificazioni.
A riguardo, per completezza di informazione, si richiamano le
nuove disposizioni previste dalla direttiva comunitaria sulle acque
potabili, ovvero la direttiva 2020/2184, entrata in vigore il 12
gennaio 2021 e a cui gli Stati membri si dovranno conformare entro
gennaio 2023. Tra queste, in particolare, la revisione dei vecchi
parametri e introduzione di nuovi, e la valutazione del rischio
(Piani di sicurezza delle acque – Water Safety Plans), concetto
questo, in realta’, gia’ previsto dalla direttiva 2015/1787, recepita
in Italia con il decreto ministeriale 14 giugno 2017.
La disposizione che segue potra’ essere applicata a tutte quelle
concessioni di derivazione per le quali e’ richiesto il rispetto dei
parametri di potabilita’.
Qualora la risorsa idrica al prelievo non sia conforme a tali
parametri e richieda per l’utilizzo un trattamento di
potabilizzazione con relativo investimento teso a riportare i
parametri difformi ai valori di norma, esclusa la semplice
disinfezione (es. clorazione), potra’ essere prevista una riduzione
del canone di derivazione fino ad un massimo del 50%.
L’amministrazione competente provvedera’ ad applicare tale
riduzione previa presentazione di istanza da parte del concessionario
o del gestore del servizio idrico integrato, corredata da idonea
documentazione dell’autorita’ sanitaria territorialmente competente,
attestante la non conformita’ dei parametri di potabilita’ al decreto
legislativo n. 31/2001 e da documentazione attestante gli interventi
che verranno attuati per il ripristino di tali parametri, i tempi di
realizzazione e i relativi costi di investimento.
Per il servizio idrico integrato la riduzione potra’ essere
applicata:
a) solo nel caso in cui le perdite di rete di acquedotto siano
sotto al 20% dell’acqua derivata;
b) limitatamente al periodo di ammortamento dell’investimento;
c) a condizione che gli interventi siano approvati e
autorizzati dall’ente di governo d’ambito coerentemente con la
pianificazione d’ambito e il conseguente piano tariffario sia
approvato dall’ARERA secondo le modalita’ di regolazione dalla stessa
previste o dall’equivalente sistema di gestione previsto per le
Province autonome di Trento e Bolzano e la Regione Valle d’Aosta.
Per l’uso potabile in autoapprovvigionamento la riduzione sara’
applicata limitatamente al periodo di ammortamento dell’investimento
necessario e solo nel caso in cui non sia possibile allacciarsi a
pubblico acquedotto.
Le amministrazioni competenti potranno prevedere specifiche
agevolazioni per derivazioni di acque superficiali o sotterranee di
portata inferiori a 5 l/sec, nel caso di usi potabili a servizio di
rifugi alpini ed escursionistici, malghe, casere, baite tipiche
dell’ambiente rurale montano, non destinate ad usi produttivi e/o
commerciali, funzionali anche alla manutenzione ambientale.
Uso irriguo
L’agricoltura e’ un settore strategico per l’economia del paese e
contemporaneamente puo’ svolgere, attraverso le buone pratiche, un
ruolo primario per il perseguimento di fondamentali obiettivi
ambientali quali la ricarica degli acquiferi, la valorizzazione e la
tutela del paesaggio, il mantenimento della sicurezza e della
funzionalita’ idraulica del territorio e il contenimento
dell’erosione del suolo, il sequestro del carbonio, il
mantenimento/incremento della biodiversita’ vegetale e animale anche
mediante il mantenimento di aree umide. Per tali ragioni,
subordinatamente all’uso potabile, quello irriguo e’ considerato
prioritario rispetto agli altri usi e ne vanno riconosciute le
funzionalita’ ambientali.
Il canone di derivazione per l’uso irriguo deve tenere conto
della quantita’ di risorsa idrica prelevata e dell’impatto generato
sui corpi idrici dal medesimo prelievo, quantificato come costo
ambientale nell’ambito dell’analisi economica dei piani di gestione
per gli usi irrigui.
Nella determinazione dei canoni per uso irriguo, si potra’
attuare una riduzione del canone, solo in presenza di un sistema di
misurazione dei volumi, laddove previsto dai regolamenti emanati
dalle regioni, ordinarie e a statuto speciale, e dalle Province
autonome di Trento e Bolzano a recepimento delle linee guida del
MIPAAF di cui al decreto ministeriale 31 luglio 2015 e nel caso in
cui lo stato del corpo idrico interessato dal prelievo sia buono.
Qualora lo stato del corpo idrico interessato dal prelievo sia
inferiore a buono per motivi quantitativi e le cause siano
imputabili, in base all’analisi delle pressioni, anche in quota parte
al prelievo irriguo, tale riduzione non puo’ essere applicata.
Fatte salve le disposizioni di cui all’art. 21, comma 2-bis, del
testo unico 1775/1933, cosi’ come modificato dall’art. 96 del decreto
legislativo n. 152/2006, per l’uso irriguo in autoapprovvigionamento
le regioni, ordinarie e a statuto speciale, e le Province autonome di
Trento e Bolzano potranno applicare il canone sulla portata massima
derivabile o applicare un canone di concessione a progressione non
lineare sul quantitativo prelevato (misurato o stimato), anche al
fine di conseguire una gestione virtuosa della risorsa e comunque
incentivare l’uso efficiente della stessa nel rispetto dei principi
sanciti dall’art. 9 della DQA e dagli articoli 119 e 152 del decreto
legislativo n. 152/2006.
Tra le pratiche di uso efficiente della risorsa rientra il
possibile riuso delle acque reflue depurate, cosi’ come disciplinato
dal decreto ministeriale 185 del 12 giugno 2003 «Regolamento recante
norme tecniche per il riutilizzo delle acque reflue», e dalle future
integrazioni normative che si renderanno necessarie per l’adozione
del regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio n. 2020/741
del 25 maggio 2020 recante prescrizioni minime per il riutilizzo
dell’acqua.
Uso industriale
Nella determinazione dei canoni per uso industriale, nel caso in
cui il concessionario attua un riuso delle acque a ciclo chiuso
reimpiegando le acque risultanti a valle del processo produttivo o se
restituisce le acque di scarico con le medesime caratteristiche
qualitative di quelle prelevate, le regioni, ordinarie e a statuto
speciale, e le Province autonome di Trento e Bolzano potranno
prevedere una riduzione del canone, ai sensi dell’art. 154, comma 3
del decreto legislativo n. 152/2006, fino ad un massimo del 50%. Le
regioni, ordinarie e a statuto speciale, e le Province autonome di
Trento e Bolzano definiranno i parametri o le soglie di
accettabilita’ sulla base dei quali valutare le caratteristiche
dell’acqua di scarico rispetto a quelle delle acque prelevate.
Aggiornamento dei canoni
Al fine di tener conto delle modifiche delle caratteristiche
quali quantitative dei corpi idrici presenti in ciascun distretto,
l’aggiornamento dei canoni di derivazione dovra’ tenere conto delle
cadenze previste dalla pianificazione distrettuale, sulla base dei
risultati dell’analisi economica di cui all’art. 9 della DQA e
all’allegato 10 parte terza del decreto legislativo n. 152/2006,
tenendo conto dei costi ambientali e della risorsa come individuati
nei piani di gestione delle acque.
Destinazione d’uso
Ai sensi del decreto ministeriale n. 39/2015, che definisce come
proxi dei costi ambientali e della risorsa le misure del piano di
gestione delle acque necessarie al conseguimento degli obiettivi di
qualita’ dei corpi idrici come imposti dalla direttiva 2000/60/CE e
in attuazione del principio della copertura dei costi, le regioni,
ordinarie e a statuto speciale, e le Province autonome di Trento e
Bolzano provvedono ad accantonare e destinare i proventi derivanti
dai canoni o quota parte di questi al finanziamento del programma di
misure del piano di gestione delle acque per il territorio di
riferimento.