Cassazione penale, qualificazione di rifiuto

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 24680/2023, si è pronunciata sulla qualificazione di un materiale come rifiuto affermando che deve essere dedotta da dati obiettivi, non dalla scelta personale del detentore.

La qualifica di rifiuto deve essere dedotta da dati obiettivi, non dalla scelta personale del detentore che de­cide che quel bene non gli è più di nessuna utilità.

Sono elementi obiettivi, ad esempio, l’oggettività dei materiali in questione, la loro eterogeneità, non rispondente a ragionevoli criteri merceologici, e le condizioni in cui gli stessi sono detenuti, così come le circostanze e le modalità con le quali l’originario produttore se ne era disfat­to. Non rileva, poi, il fatto che un bene sia ancora cedibile a titolo oneroso, poiché tale evenienza non esclude comunque la natura di rifiuto.

A tal riguardo, la Corte di Giustizia impone di interpretare l’azione di disfarsi alla luce della finalità della normativa europea, volta ad assicurare un elevato livello di tutela della salute umana e dell’ambiente secondo i principi di precauzione e prevenzione.

Sul punto, in precedenza la Cassazione ha affermato che «in tema di rifiuti, la definizione dell’art. 183, comma 1, lett. a), D.lgs. n. 152 del 2006, a termini della quale costituisce rifiuto qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione ovvero l’obbligo di disfarsi, esige – in conformità alla giurisprudenza della Corte di Giustizia – che la qualificazione alla stregua di rifiuti dei materiali di cui l’agente si disfa consegua a dati obiettivi connaturanti la condotta tipica, anche in rapporto a specifici obblighi di eli­minazione, con conseguente esclusione della rilevanza di valutazioni soggettivamente incentrate sulla mancanza di utilità, per il medesimo, dei predetti materiali.

Analogamente, la giustizia amministrativa ha affermato che la nozione di rifiuto va «desunta dalle modalità oggettive di deposito dei materiali, a prescindere dalla prova dell’effettiva intenzione del detentore di disfarsi del materiale e persino dalla reale possibilità di reimpiego dei materiali nel ciclo produttivo».


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