La Corte di Cassazione, con la Sentenza n. 5738/2023, si è pronunciata sulla differenza delle fattispecie di scarico non autorizzato e illecita gestione di rifiuti.
Le modalità in concreto seguite per lo sversamento segnano l’imprescindibile criterio per stabilire se vi sia stato scarico di reflui piuttosto che un abbandono o ancor più in generale uno smaltimento non autorizzato di rifiuti.
In tema di inquinamento idrico, ai fini della integrazione del reato di cui agli artt. 124, comma primo, e 137, comma primo, del D.Lgs. n. 152 del 2006, costituisce scarico non autorizzato di acque reflue industriali qualsiasi immissione delle stesse che deve tuttavia avvenire attraverso un sistema stabile di collettamento che colleghi senza soluzione di continuità il ciclo di produzione del refluo con il corpo ricettore acque superficiali.
Occorre precisare che la stabilità del collettamento non va in ogni caso confusa con la presenza, continuativa nel tempo, dello stesso sistema di riversamento, in contrasto con la occasionalità del medesimo, bensì va identificata nella presenza di una struttura che assicuri il progressivo riversamento di reflui da un punto all’altro.
In altri termini:
- la disciplina delle acque sarà applicabile in tutti quei casi nei quali si è in presenza di uno scarico, anche se soltanto periodico, discontinuo o occasionale, di acque reflue, in uno dei corpi recettori specificati dalla legge ed effettuato tramite condotta, tubazioni, o altro sistema stabile nei termini suddetti;
- in tutti gli altri casi, nei quali manchi il nesso funzionale e diretto delle acque reflue con il corpo recettore si applicherà, invece, la disciplina sui rifiuti.