Cassazione penale, affidamento rifiuti e controllo autorizzazioni

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 33144/2024, si è pronunciata sull’obbligo di verifica delle autorizzazioni ambientali per colui che affida i rifiuti a soggetti terzi.

La Corte ha riaffermato infatti che: “In tema di gestione dei rifiuti, l’affidamento degli stessi a soggetti terzi al fine del loro smaltimento comporta, per colui che li conferisca, precisi obblighi di accertamento tra cui, in particolare, la verifica dell’esistenza in capo ai medesimi delle necessarie autorizzazioni e competenze per l’espletamento dell’incarico, la cui violazione giustifica l’affermazione della responsabilità penale per il mancato controllo a titolo di culpa in eligendo”.

Il soggetto che affida propri rifiuti ad altre persone per lo smaltimento, si legge in sentenza, ha dunque l’onere di seguire il ciclo di gestione dei rifiuti, ed accertarne la regolarità, gravato così com’è dal dovere di verificare che i terzi affidatari siano muniti delle necessarie autorizzazioni e competenze tecniche per l’espletamento dell’incarico, da valutarsi in concreto, caso per caso, anche con riferimento alla idoneità delle attrezzatture e degli impianti utilizzati nell’attività di stoccaggio: una doverosa cautela in eligendo che, nel caso di specie, non risulta essere stata osservata.

Nel caso di specie, l’imputato aveva affidato ad un soggetto terzo la gestione dello stoccaggio dei rifiuti e, quindi, per la difesa, alcun rimprovero di negligenza, imprudenza o imperizia poteva muoversi al ricorrente, per l’assoluta mancanza di poteri, da parte di costui, sul controllo sulle quantità e sulle modalità gestionali, essendosi egli affidato ad un soggetto giuridico professionista nel settore.

Diversamente, la Corte, in osservanza dei suddetti principi, ha confermato la responsabilità dell’imputato (la cui prova della sussistenza dell’elemento soggettivo è stata ritenuta sulla base della consapevolezza dello stesso) per la realizzazione di un deposito incontrollato di rifiuti non pericolosi, costituiti da oli esausti per un quantitativo superiore a quello autorizzato, e per l’effettuazione di operazioni non autorizzate di recupero dell’olio vegetale in violazione di quanto previsto dall’allegato 5 al dm 5 febbraio 1998.


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