La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 30061/2024, si è pronunciata sulla fattispecie di deposito incontrollato rifiuti che non costituisce un reato di pericolo concreto e, dunque, non necessita dell’accertamento effettivo della lesione del bene tutelato dalla norma.
Deposito temporaneo
La Corte preliminarmente per inquadrare la fattispecie penale prevista dall’articolo 256, comma 2 del Codice dell’Ambiente, che punisce i titolari di imprese e di enti che abbandonano o depositano in modo incontrollato i rifiuti, ha ribadito che:
- per «deposito controllato o temporaneo», si intende ogni raggruppamento di rifiuti, effettuato prima della raccolta, nel luogo in cui sono stati prodotti, nel rispetto delle condizioni dettate dall’articolo 183, del Testo Unico ambientale.
In difetto anche di uno dei requisiti normativi, il deposito non può ritenersi temporaneo, ma deve essere qualificato, a seconda dei casi, come:
- «deposito preliminare», se il collocamento di rifiuti è prodromico ad un’operazione di smaltimento,
- «messa in riserva», se il materiale è in attesa di un’operazione di recupero,
- «abbandono», quando i rifiuti non sono destinati ad operazioni di smaltimento o recupero.
- «discarica abusiva», nell’ipotesi di abbandono reiterato nel tempo e rilevante in termini spaziali e quantitativi.
Deposito incontrollato
Rileva la Corte che la fattispecie di deposito incontrollato di rifiuti, accertata dalla impugnata decisione della Corte di appello in termini pacifici, non costituisce un reato di pericolo concreto e, dunque, non necessita dell’accertamento effettivo della lesione del bene tutelato dalla norma.
Infatti, prosegue la Corte, la potenzialità lesiva della condotta è stata già ritenuta in astratto dal legislatore, che ha inteso sanzionare il deposito in sé in quanto, al ricorrere di oggettive condizioni, suscettibile già in astratto di arrecare nocumento, senza che si possa sostenere, in termini di fatto, che la decisione di merito impugnata sarebbe giunta a difformi conclusioni con criterio di certezza, laddove anche qualificare l’ipotesi di uno sversamento e di una contaminazione solo come «estremamente remota», equivale a dimostrare che la stessa non fosse radicalmente esclusa.
Nel caso di specie, la Corte ha accolto il ricorso presentato dalla Procura contro l’assoluzione dell’imputato decisa dalla Corte di Appello, la quale, pur dando atto della sussistenza del deposito incontrollato di rifiuti e della sua riferibilità all’imputato, ha riconosciuto l’insussistenza di un pericolo effettivo e concreto per l’ambiente, in ragione della natura e delle caratteristiche della struttura che conteneva i rifiuti.