La corte di Cassazione, con la sentenza n. 24246/2024, si è pronunciata sull’elemento soggettivo per la configurabilità del reato contravvenzionale in materia paesaggistica.
L’art. 181, comma 1, d.lgs. n. 42 del 2004 punisce chiunque, senza la prescritta autorizzazione o in difformità di essa, esegua lavori di qualsiasi genere su beni paesaggistici, con la pena dell’art. 44, lett. C), d.P.R. n. 380 del 2001.
Pertanto, l’elemento psicologico non è escluso dall’ignoranza dell’esistenza del vincolo paesaggistico, trattandosi di reato contravvenzionale punibile anche a titolo di colpa, ravvisabile nel non aver ottemperato al dovere di informarsi presso la Pubblica Amministrazione prima di intraprendere un’attività rigorosamente disciplinata dalla legge.
Nel caso di specie, la Corte di appello confermava la sentenza del Tribunale che aveva condannato il ricorrente alle pene di legge per aver realizzato in zona sottoposta a vincolo paesaggistico, senza autorizzazioni, un fabbricato in cemento armato, così violando il d.P.R. n. 380 del 2001, nonché commettendo il reato paesaggistico, ex art. 181, comma 1, d.lgs. n. 42 del 2004.
Il ricorrente eccepiva la violazione di legge e il vizio di motivazione perché non era a conoscenza del vincolo paesaggistico, ma come rilevato dalla Corte, non ricorre l’inevitabilità dell’ignoranza della legge penale perché il cittadino ha sempre un obbligo di verifica e controllo prima del compimento dell’attività edilizia.