Cassazione penale, stoccaggio rifiuti non autorizzato

La corte di Cassazione, con la sentenza n. 8050/2024, si è pronunciata sulla fattispecie di stoccaggio non autorizzato di rifiuti affermandone la natura permanente del reato.

Essendo lo stoccaggio non autorizzato di rifiuti un reato avente natura permanente, la sua consumazione termina con la rimozione della situazione di fatto abusiva, ossia con la cessazione volontaria della condotta (ovvero, si aggiunge, con quella imposta dal sequestro del bene, ovvero ancora dalla sentenza di primo grado, come avvenuto nel caso di specie).

Nel caso di specie, il Tribunale condannava l’imputato alla pena contravvenzionale di cui all’articolo 256, comma 1, lettera a), d. lgs. 152/2006, per avere – in qualità di legale rappresentante della ditta individuale – effettuato in assenza di autorizzazione una attività illecita di stoccaggio e smaltimento di rifiuti speciali non pericolosi 

In tema di gestione dei rifiuti, integra il reato di cui all’articolo 256, comma primo, d.lgs. n. 152 del 2006 lo stoccaggio senza autorizzazione di rifiuti effettuato in mancanza delle condizioni di qualità, di tempo, di quantità, di organizzazione tipologica e di rispetto delle norme tecniche richieste per la configurabilità di un deposito temporaneo ai sensi dell’art. 183, comma primo, lett. m) (ora lett. bb), del medesimo decreto.

A tal riguardo, la Corte ha affermato il principio secondo cui, quando il deposito di rifiuti non possiede i requisiti fissati dalla legge (art. 183 D.Lgs. 3 aprile 2006 n. 152) per essere qualificato quale «temporaneo», si realizza, secondo i casi: 

  • a) un «abbandono» ovvero un «deposito incontrollato» (sanzionati dagli artt. 255 e 256, c. 2, d.lgs.152/2006); 
  • b) un «deposito preliminare» ad operazioni di smaltimento, necessitante della prescritta autorizzazione in quanto configura una forma di «gestione» dei rifiuti; 
  • c) una «messa in riserva» in attesa di recupero, anch’essa soggetta ad autorizzazione in quanto forma di gestione dei rifiuti.

Per le ipotesi sub b) e c), la mancanza di autorizzazione è sanzionata ex art. 256, comma 1, d.lgs. n. 152/2006.


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