Il consiglio di Stato, con la sentenza n. 9044/2023, si è pronunciato in materia di spandimento dei fanghi biologici in agricoltura e competenze del comune.
La materia relativa alla utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura attiene all’ambito della tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, che è di competenza esclusiva statale ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lett. s) della Costituzione e la stessa disciplina primaria, all’art. 6, ha in materia previsto un diretto potere esercitato dalla Regione.
Pertanto, muovendo da tali presupposti normativi, si perviene, sotto un primo profilo, ad affermare che i Comuni non sono titolari di potestà regolamentare in materia di spandimento dei fanghi biologici in agricoltura restando riservata agli stessi solo la potestà di sanzionare la violazione delle disposizioni regolamentari preventivamente stabilite dalla Regione, ove queste si sostanzino in violazioni della normativa regolamentare in materia di igiene.
Nel caso di specie, il Tar accoglieva il ricorso di una società sul divieto di utilizzazione agronomica dei fanghi di depurazione disposto dal Comune argomentando nel senso che “sembra pertanto da escludere che lo strumento urbanistico possa dettare prescrizioni che riguardano l’attività di spandimento di fertilizzanti su suolo agricolo giacché non si vede quale attinenza abbai tale attività con l’interesse urbanistico. (…) in ogni caso, va poi osservato che, anche qualora si dovesse ritenere che la legge regionale n. 12 del 2005 abbia attribuito agli strumenti urbanistici comunali il compito di dettare norme autonome per la tutela dell’interesse ambientale, non si può ammettere che tale interesse trovi nel piano una regolazione contrastante con quella dettata dalla fonte regionale, cui la legge statale attribuisce specifica competenza in materia.”.
Pertanto, per il Consiglio di Stato, è da condividersi l’interpretazione in proposito della sentenza impugnata per la quale la Regione non può dettare norme legislative dirette esclusivamente alla tutela dell’ambiente (materia che rientra nell’ambito della competenza esclusiva statale), e ciò ovviamente neppure per attribuirne la competenza amministrativa ai comuni affinché la esercitino in sede di pianificazione urbanistica, per cui la legge regionale n. 12 del 2005 non può avere attribuito agli strumenti di pianificazione comunale il compito di dettare autonome norme finalizzate alla tutela ambientale, ma ha attribuito loro il diverso compito di recepire e specificare (laddove vi siano margini) le disposizioni contenute nelle fonti statali e regionali.
Ed infatti, l’art. 10 comma 4, lett. b), della legge regionale n. 12 del 2005 demanda allo strumento urbanistico il compito di dettare le regole di salvaguardia e valorizzazione delle aree paesaggistico-ambientale ed ecologiche, ma specifica anche che queste regole debbono essere “ulteriori” e <<…di attuazione dei criteri di adeguamento e degli obiettivi stabiliti dal piano territoriale regionale, dal piano territoriale paesistico regionale e dal piano territoriale di coordinamento provinciale>>.