La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 42236/2023, si è pronunciata sulla responsabilità dell’amministratore di diritto nel caso di omesso controllo sull’attività dell’amministratore di fatto.
Il principio secondo cui risponde del reato contravvenzionale posto in essere dall’amministratore di fatto di una società anche l’amministratore di diritto della stessa qualora abbia omesso, sia pure per colpa, di esercitare il necessario controllo sull’attività del primo, attesa la natura anche colposa della fattispecie trova applicazione in materia di reati ambientali e prevenzionistici.
Un parametro di valutazione circa l’effettiva e concreta possibilità di impedire la consumazione del reato posto in essere dall’amministratore di fatto può essere offerto dalle disposizioni di cui all’art. 6 D.lgs. n. 231 del 2001, in tema di esclusione della responsabilità dell’ente per il reato commesso dall’amministratore e dalle persone sottoposte alla sua direzione e vigilanza.
Nel caso di specie, la Corte di appello confermava la sentenza che affermava la responsabilità dell’amministratore di diritto di una società per i reati ambientali, nonché per i reati prevenzionistici.
La difesa della ricorrente, in sintesi, sostiene che i giudici di merito avrebbero confermato la responsabilità penale in relazione ai reati ambientali per il solo ruolo di amministratore di diritto, prestanome, senza individuare specifici elementi a sostegno della condivisione da parte della stessa delle finalità illecite e della consapevolezza, al momento di accettazione della carica, della strumentalizzazione di quella società alla realizzazione di specifici reati.
Diversamente, secondo la Corte, Il Giudice di merito ha motivato le ragioni per le quali la ricorrente è stata riconosciuta colpevole quale amministratore di diritto della società, a lei formalmente intestata, lungi dall’ascrivere alla stessa una forma di responsabilità oggettiva.
I giudici hanno affermato infatti che la stessa aveva assunto consapevolmente la carica di amministratore unico della predetta società, perfettamente conscia del fatto che sulla stessa gravavano una serie di obblighi, compresi quelli inerenti alla tutela dell’ambiente. Si trattava, precisano i giudici, di persona non certo sprovveduta avendo esercitato il mestiere di commerciante, dunque essendo consapevole che ogni attività imprenditoriale è regolata da norme, ed aveva aiutato il figlio nell’attività, parallela e simile, di raccolta dei rottami.